La svolta nella campagna vaccinale tarda ad arrivare. L'obiettivo fissato per l'ultima settimana di marzo, ossia una media di 300mila dosi al giorno, ancora lontano e ciò fa temere che anche le 500mila dosi giornaliere preventivate a fine aprile non siano ancora alla portata. I mancati progressi sono legati fondamentalmente al mancato rispetto delle consegne di Astrazeneca. E sul vaccino anglo-svedese si riaprono alcuni dubbi, legati ai rarissimi casi di trombosi post somministrazione. Oggi prevista una riunione tra i tecnici dell'Aifa e ministero della Salute in merito ad eventuali ulteriori indicazioni sull'utilizzo del vaccino. Per una decisione, tuttavia, si attenderà il pronunciamento dell'Ema, atteso entro giovedì, sull'eventuale correlazione tra il vaccino ed i rarissimi eventi trombotici segnalati in vari Paesi. “E' possibile, per maggiore precauzione, che l'Agenzia europea dei medicinali Ema indichi che per una determinata categoria è meglio non utilizzare il vaccino anti-Covid di AstraZeneca - afferma a Radio 24 il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri -. Questo è successo anche per tanti altri farmaci. Non vi è ombra di dubbio che vi sia un rapporto rischio-beneficio positivo”.
Intanto, si torna a parlare di una delle categorie più esposte al contagio, quella dei lavoratori dei supermercato. “È naturale - sottolinea Stefano Diociaiuti, segretario generale Fisascat-Cisl - che quando non ci sono vaccini per tutti ci sia una graduatoria. Giusto che prima venga vaccinato il personale sanitario e poi le persone anziani e fragili. Però ci deve essere un po' di buon senso. Dal primo lockdown tutti i supermercati sono rimasti sempre aperti, c'erano persone che andavano al supermercato solo per fare un giretto e in quel momento i lavoratori erano protetti solo da un pannello di plexiglass e dalla mascherina. Non è stato preso in considerazione il lavoro di questi cassieri e commessi del food”. Nel momento in cui ci sono lavoratori che stanno a contatto con così tante persone, secondo Diociaiuti, è “opportuno ragionare con buonsenso sulla possibilità vaccinarli, per evitare che i contagi possano far chiudere i supermercati”.
“Abbiamo visto tanti casi di cassieri e commessi che sono stati contagiati e alcuni di loro non ci sono più - ricorda il sindacalista -. Questo ci allarma, ma soprattutto ci allarma la superficialità con cui è stato affrontato questo problema. Rimanere chiusi a Pasqua e Pasquetta sarebbe stato uno scandalo? Se questo settore è sempre stato aperto, nel momento in cui c'è la possibilità di far riposare un po' i lavoratori e ridurre il rischio di contagio bisognava farlo”. Diociaiuti invoca un maggior controllo su un ambiente lavorativo n cui spesso di opera in una condizione “di grande disagio e precarietà ”.
“Si vedono esercizi commerciali in cui non c'è contingentamento degli accessi - aggiunge il segretario Fisascat -. Se il food deve essere sempre aperto va bene, ma che almeno ci sia l'attenzione sul rispetto delle norme. C'è la mascherina, a volte ci sono i guanti e il plexiglass, non c'è nient'altro. La possibilità di fare tamponi ogni settimana, di fare turnover equilibrato, non ci sono. Ci sono persone che temono di essere contagiate anche perché rischiano il posto di lavoro, è difficile ragionare con aziende che hanno come unica preoccupazione quella del profitto. C'è uno sfruttamento del personale - aggiunge - , con turni di 50 ore settimanali anziché 40 come da controllo, ci sono sicuramente aziende virtuose, ma tante altre quando si parla di sicurezza e prevenzione non sanno nemmeno di cosa si tratta”.
Ilaria Storti