Persino l'Oms, che in quest'anno di pandemia non stata è esente da ritardi, contraddizioni e inefficienze, fa la predica all'Europa sulla campagna vaccinale. Il ritmo delle somministrazioni nel vecchio continente, secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità, è di una lentezza “inaccettabile”. Una lentezza che, denuncia l'Oms, “sta prolungando la pandemia”, con la conseguenza di una impennata di casi che è “la più preoccupante” da diversi mesi.
Un giudizio pesante che, purtroppo, trova conferma nei dati, anche in Italia. Nel nostro Paese, la protezione di anziani e fragili continua a procedere a rilento: solo il 28,3% degli over 80 ha completato il ciclo vaccinale e il 27,4% ha ricevuto solo la prima dose. Resta ancora ai nastri di partenza la fascia 70-79 anni e non ci sono dati disponibili sui fragili. E' quanto rilevato dal monitoraggio indipendente delle Fondazione Gimbe. Il ritardo nella protezione delle classi d'età più fragili emerge anche dal monitoraggio dell'European Centre for Disease Control and Prevention (ECDC): l'Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, in particolare per la fascia 70-79 anni, dove si colloca a fondo classifica. “Se i vaccini rappresentano la via maestra per uscire gradualmente dalla pandemia - sottolinea il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta - è bene ribadire l'inderogabile necessità di proteggere in maniera prioritaria le persone fragili, più a rischio di sviluppare forme severe di Covid-19 che richiedono assistenza ospedaliera”.
Con l'attuale livello di sovraccarico degli ospedali, che non si ridurrà in tempi brevi, avverte Gimbe, “non possiamo più permetterci un nuovo rialzo di ricoveri e terapie intensive una volta avviate le graduali riaperture del Paese. Altrimenti continueremo a rimanere ostaggio delle misure restrittive, il cui obiettivo primario è proprio quello di limitare il sovraccarico ospedaliero”.
Intanto, sul fronte dei vaccini e del caso dei sanitari no-vax, Il Governo corre ai ripari. Il dl Covid introduce l'obbligo di vaccinarsi “per gli esercenti, le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali”.
La vaccinazione sarà “requisito essenziale” per l'esercizio della professione. Per chi rifiuta è previsto lo spostamento a mansioni, anche inferiori con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate”. Se ciò non è possibile, “per il periodo di sospensione non è dovuta retribuzione”.
Ilaria Storti