Sabato 20 aprile 2024, ore 5:09

Sanità

Allarme su organici e retribuzioni

Le strutture sanitarie non mancano, manca il personale: i professionisti della sanità, medici e infermieri in testa, ma anche tutti gli altri impiegati nella filiera dell'assistenza. L'impennata di contagi nella pandemia legata alla variante Omicron ha evidenziato in modo allarmante un problema già noto da anni ma spesso ignorato.
A lanciare l'allarme è Salutequità, organizzazione per la valutazione della qualità delle politiche per la salute.
Anche la commissione Ue - continua l'organizzazione - nel suo ultimo report sulla situazione italiana scrive che: "Se gli attuali criteri di accesso alla formazione specialistica dovessero rimanere invariati, con l'aumentare dell'età media dei medici italiani negli anni a venire si prevede una carenza significativa di personale, soprattutto in alcune discipline di specializzazione e in medicina generale. L'Italia impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale e il loro numero (6,2 per 1000 abitanti) è inferiore del 25% alla media Ue. Vista la diminuzione del numero di infermieri laureati dal 2014, le carenze di personale in questo settore sono destinate ad aggravarsi in futuro". L'allarme lanciato dai sindacati medici sul futuro degli organici nella professione è che a breve, tra pochi anni, mancheranno all'appello circa 25mila camici bianchi, soprattutto specialisti e medici di medicina generale che diminuiscono al ritmo di oltre 6mila l'anno per l'insufficiente ricambio (il turn over, bloccato dall'assenza di programmazione e contratti soprattutto nelle Regioni in piano di rientro e quindi devastando soprattutto gli organici del Sud del Paese con un consistente aumento di diseguaglianze) e l'assenza di standard che ne indichino la necessaria consistenza numerica. 
Anche per quanto concerne gli infermieri - si legge - la stima della Federazione degli Ordini è molto pesante: si parla di carenze pari a 63mila unità. Invece secondo i calcoli di Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari, si arriverà ad una carenza di non meno di 80mila professionisti. L'aumento dei contagi poi, che non accenna a fermarsi, provoca un'ulteriore carenza nelle strutture di almeno il 20% di personale, costretto a fermarsi per le quarantene e sul territorio va anche molto peggio - continua Salutequità. "Tutto questo ha e continuerà ad avere un peso anche sul blocco delle cure 'programmabili' che ciclicamente, ormai da due anni, purtroppo si ripresenta, ostacolando il diritto all'accesso al Ssn da parte dei pazienti non Covid, a partire da quelli con malattie croniche e rare- ha dichiarato Tonino Aceti, presidente di Salutequità. Su questo è urgente invertire la rotta e cambiare passo". A pesare ulteriormente ci sono anche le criticità legate alle condizioni di lavoro attuali dei professionisti della sanità. Tra gli operatori sanitari dipendenti del Ssn, il mancato rinnovo dei contratti durato dieci anni (di fatto quasi tre contratti 'saltati' per contenere la spesa), ha portato nelle buste paga solo la 'vacanza contrattuale', l'indennità che spetta a chi lavora se un contratto non è rinnovato.
"Servono condizioni lavorative e retribuzioni all'altezza del loro livello di responsabilità, professionalità e dell'importante livello di fiducia che la popolazione ripone nei loro confronti - conclude il rapporto Salutequità. Riconoscendo questo valore sarà possibile ricreare quel "grip" del Ssn nei confronti dei professionisti sanitari, che sempre più spesso vengono sollecitati da proposte concorrenziali del settore privato".
Ce.Au.

( 18 gennaio 2022 )

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