Modifiche e confronto. Le parti sociali chiedono di aprire la trattativa sul decreto dignità, pur con accenti e posizioni differenti. “Sarebbe stato preferibile affrontare il tema dell’enorme precarietà del lavoro attraverso un confronto preliminare del Governo con le parti sociali - sottolinea il segretario generale aggiunto Cisl, Luigi Sbarra nel corso dell’audizione alla Camera dei Deputati sul decreto -, onde evitare l’ennesimo intervento del legislatore in materia di regolazione dei rapporti di lavoro”. Via Po condivide la logica del decreto “che riduce la durata dei contratti a termine e le proroghe, in linea con la media europea” ma mette in guardia dal rischio contenziosi: sarebbe opportuno “affidare la regolazione delle causali alla contrattazione collettiva e aziendale, stralciando dal decreto le norme che riguardano il lavoro in somministrazione, tipologia che oggi è già ben tutelata sul piano dei diritti da norme pattizie tra imprese e sindacati”. Giudizio positivo sull’aggravio di costo per i rinnovi dei contratti a termine e sull’aumento dell’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo. “Circa la possibilità di reintrodurre i voucher - evidenzia Sbarra -, la Cisl non è contraria quando si tratta di utilizzarli per lavori discontinui e temporanei che altrimenti finirebbero nel nero, come i lavori familiari di cura e piccole attività di servizio a carattere episodico e saltuario. Non possono invece sostituire strumenti negoziali che funzionano bene come i contratti stagionali e i contratti di prestazione occasionale”. No, dunque, a una reintroduzione generalizzata per agricoltura, edilizia, turismo, “che sarebbe peraltro in contraddizione con l’obiettivo dichiarato del decreto di ridurre la precarietà”. La Cisl denuncia poi la totale assenza nel decreto di “strumenti fondamentali per contrastare la precarietà che sono le politiche attive e il rafforzamento delle politiche passive”. Per questo chiede la proroga al 2019 delle norme che hanno consentito il prolungamento della cigs nelle aree di crisi complesse, “perché molte sono ancora le aree e le aziende in difficoltà”. Via Po ribadisce inoltre la necessità di rendere i contratti stabili più convenienti sul piano fiscale. E su questo torna a chiedere un confronto con il Governo. “Infine - aggiunge Sbarra - guardiamo con favore alle norme introdotte sulle delocalizzazioni, proprio per evitare che imprese che hanno usufruito di aiuti pubblici possano spostare le loro produzioni all’estero con gravi ripercussioni per la stabilità occupazionale dei lavoratori, senza per questo voler mettere in discussione la giusta politica di incentivazione agli investimenti esteri nel nostro paese che va salvaguardata soprattutto nelle aree depresse del Mezzogiorno”.
Critiche più accese arrivano da Confindustria. Il decreto dignità, dice il dg di Via dell’Astrononia, Marcella Panucci, in audizione alla Camera, “pur perseguendo obiettivi condivisibili” rende “più incerto e imprevedibile il quadro delle regole” per le imprese “disincentivando gli investimenti”. Confindustria chiede di approvare “alcuni correttivi”, che intervengano sulle causali per i contratti a termine e sulle norme ora “punitive e poco chiare” sulle delocalizzazioni. Il ritorno delle causali, secondo Confindustria, esponendo le imprese “all'imprevedibilità di un'eventuale contenzioso, finisce nei fatti per limitare a 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato, generando potenziali effetti negativi sull'occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto (in cui si fa riferimento a un abbassamento della durata da 36 a 24 mesi)”.