La buona notizia che i conti dell’Ilva sono passati dalla terapia intensiva alla rianimazione. Il margine operativo lordo nella prima metà dell’anno ha chiuso con un rosso di 153 milioni, un dato significativamente inferiore rispetto ai 546 milioni di un anno fa. Anche sulla produzione arrivano segnali positivi: in sei mesi l’Ilva ha sfornato 2,9 milioni di tonnellate d’acciaio, mentre a consuntivo nel 2105 si era fermata a quota 4,7.
La brutta notizia è che sulla sicurezza, nonostante le rassicurazioni fornite dalla gestione commissariale ieri l’altro, prima in commissione Attività Produttive alla Camera e poi in un teso vertice con le sigle dei metalmeccanici locali e nazionali, si registrano solo passi indietro. La riprova sta anche qui nei numeri: 7 gli incidenti mortali dal luglio 2012, da quando cioè la magistratura ha disposto il sequestro dell’area a caldo, di cui quattro negli ultimi due anni segnati dalla gestione commissariale.
Le spiegazioni sulla morte di Giacomo Campo date da Enrico Laghi alla Camera hanno acuito la tensione con i sindacati. Il commissario ha ribadito la versione che l’Ilva aveva fornito nelle ore successive alla tragedia, sostenendo che Campo si trovava “troppo vicino al nastro trasportatore di fronte al tamburo di rinvio”, cosa che con “la progressiva rimozione del materiale ha determinato una variazione delle condizioni di assetto del nastro con conseguente rotazione del tamburo”.
Durissima la reazione della Fim con il segretario generale Marco Bentivogli, che ha definito ”inaccettabili” le parole di Laghi, specie perché sembrano suggerire ”una responsabilità oggettiva del povero Giacomo Campo”. Ma la posizione in cui si trovava il lavoratore, osserva il numero uno della Fim, dipendeva “da un’indicazione dei suoi responsabili che specie per un contratto a termine è difficilmente oppugnabile. Non c’è peggior notizia di una ricostruzione che, se non avesse arrecato la morte di un ragazzo, sarebbe semplicemente ridicola. Si rispetti la dignità di Giacomo e di tutti i lavoratori e non si nascondano responsabilità”.
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