Venerdì 19 aprile 2024, ore 13:40

C’erano una volta i voucher e la politica

C’era una volta il voucher e adesso non c'è più. Non c'è stato bisogno di un referendum, è bastato che ne venisse fissata la data a maggio per convincere il Governo Gentiloni e la maggioranza che lo sostiene, di cui il Partito democratico di Matteo Renzi, l'ex premier del Jobs Act, è il principale architrave, ad abolirli questi voucher, dal 2018, per evitare di andare alla consultazione referendaria e togliere ogni alibi a possibili rischi per la durata del Governo stesso. Ora, premesso che i voucher erano soltanto uno strumento di cui in molti tra i riformisti, a cominciare dalla Cisl, chiedevano la revisione nell'uso, restringendone ambiti e fruizioni, la domanda sostanziale da fare è: ma un Governo che ha puntato sui voucher e poi li abolisce in toto, che idea può avere delle riforme nel mercato del lavoro? D’accordo, li abolisce per aumentare la propria longevità ma in tema di proposta politica, questo accanimento terapeutico che ne allunga la vita, che obbiettivi si pone? Una domanda legittima considerando che politicamente l'abolizione dei voucher segna l'oscillazione della lancetta del centrosinistra verso Susanna Camusso, Maurizio Landini e la linea della Cgil come se non fosse questo stesso centrosinistra al Governo il facitore della riforma del Jobs Act. E qui si apre il secondo punto, che riguarda appunto il Jobs Act e la questione dell'articolo 18. Sentite quale è la posizione di Maurizio Landini, guida della Fiom, a proposito di articolo 18. “I voucher? Il Governo vuole abolirli? Bene, ma noi continueremo la lotta sul Jobs Act. L’abolizio - ne comunque è la conferma che abbiamo fatto bene a chiedere il referendum. Quanto al Jobs Act, Matteo Renzi dice una scemenza quando definisce di sinistra cancellare l'art.18”. Dalle parole di Landini si evince chiaramente che la posizione della Fiom e della Cgil sarà quella di continuare la sfida al Governo, puntando alla cancellazione del Jobs Act ed al ripristino dell'articolo 18. Da cui una domanda sostanziale: il Pd di Renzi ed il Governo di Gentiloni, in caso di rischi di caduta per l'Esecutivo in tema di lavoro e di articolo 18, che faranno? Anche qui una marcia indietro a 360 gradi negando alla radice le proprie scelte riformiste che sino a poche ore prima avevano rivendicato a gran voce? Ognuno dei nostri lettori si guardi le parole con cui il Premier Gentiloni, che parla di fatto di una concordia nazionale da ritrovare, ha spiegato l'abolizione dei voucher e si faccia una propria idea: “L'Italia non aveva certo bisogno nei prossimi mesi di una campagna elettorale su temi come questi”, ha detto il Presidente del Consiglio, aggiungendo che questo era anche “l'orienta - mento maturato nelle ultime settimane in Parlamento”. Secondo Gentiloni infatti si apre ora una “nuova stagione” e c'è l'impegno a trovare un nuovo strumento per regolare “in maniera seria” il lavoro saltuario e occasionale. I voucher erano invece “una risposta sbagliata a una esigenza giusta”. Se qualcuno avesse dei dubbi sulla linea del Governo Gentiloni, si legga pure le parole del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha fatto eco al Premier: “Non c'era in atto nessuna gara con la Cgil”. Anzi, secondo il ministro, “ora serve una riflessione con i sindacati sul lavoro occasionale”. A chi chiedeva se si possa tornare alle forme del passato di lavoro occasionale (para-subordinati e simili), il ministro ha risposto che “non guardiamo a quelle esperienze, ma fare tesoro di quello che succede nel resto d'Europa”. Il ministro ha ammesso che “c'è il rischio di avere un po' di nero in più, ma le imprese devono operare secondo la legge e regolare i loro rapporti di lavoro secondo i contratti”. Se la Cgil ha gioito della posizione del Governo e del cambio repentino, Cisl e Uil hanno espresso le loro perplessità. Per il segretario confederale della Cisl, Gigi Petteni, così si spiana la strada ad un ritorno al sommerso e la scelta che si va “ profilando relativa alla completa abolizione dei voucher dà un segnale evidente di come la politica non sia in grado di stare al passo con il lavoro che cambia, ma faccia prevalere scelte tattiche e di convenienza di parte”. Resta, in questa eterogeneità di posizioni, una domanda politica sostanziale: un Governo che fa marcia indietro su un tema in cui credeva, per timore di perdere un referendum, che Governo è, debole o forte? Agli italiani l’ardua sentenza

( 20 marzo 2017 )

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