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Giornata mondiale del migrante, toni amari

Domenica si celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. In particolare, Roma sarà crocevia di un evento che non ha solo un significato simbolico. In piazza San Pietro, per l’Angelus del Papa Francesco, “saranno presenti infatti oltre 6 mila migranti e rifugiati provenienti dalle 17 diocesi del Lazio, di almeno 30 nazionalità”. Tra loro ci saranno i richiedenti asilo del Cara di Castelnuovo di Porto che attraverseranno la Porta Santa ed entreranno nella Basilica di San Pietro, dove si celebrerà la S. Messa. Ai piedi dell’altare della cattedra ci sarà la Croce di Lampedusa per ricordare il viaggio drammatico delle 3.700 persone richiedenti asilo (tra cui quasi 800 bambini) che è finito con l’annegamento nel Mar Mediterraneo. Un evento che di celebrativo e simbolico ha molto poco. Quello delle morti in mare è una cruda quotidianità a cui l’Europa non riesce a trovare soluzione e interventi umanitari in grado almeno di limitare il fenomeno e a cui la Chiesa sta ponendo maggiore enfasi nell’Anno del Giubileo della Misericordia. Ma celebrazioni e simbolismi a parte, il fenomeno si misura con dati alla mano. E quelli nuovi sugli sbarchi fotografano un cambiamento. Nel 2015, secondo i dati della Fondazione Migrantes, sono 65 le nazionalità delle persone sbarcate in Italia, per lo più uomini, con un aumento percentuale di donne e di minori non accompagnati. Si arresta la cosiddetta migrazione economica ma continuano gli arrivi forzati di chi scappa da guerre e persecuzioni con Lampedusa che si conferma il primo porto italiano di approdo. Ma il dato più significativo è anche un altro perché, per ogni persona sbarcata in Italia, cinque sono approdate in Grecia. L’Italia, fa sapere Migrantes, non è da sola sul podio delle mete di arrivo delle migrazioni forzate ma il flusso è pur sempre considerevole (anche se diminuito del 9 per cento rispetto al 2014). Il cambio di rotta di profughi e rifugiati c’è stato: chi parte da Medio Oriente, Corno d’Africa e Asia si dirige sempre verso la Turchia e la Grecia. Loro continuano ad arrivare ma l’Europa non si fa trovare. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, invita a “una maggiore cooperazione internazionale su riconoscimento e ricollocazione dei rifugiati da un lato, e il contrasto a transiti irregolari, traffico e sfruttamento dall’altro”. L’appello è d’obbligo, il problema è che i governi europei non hanno ancora cambiato rotta.

( 15 gennaio 2016 )

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