Martedì 23 aprile 2024, ore 23:52

I triellanti Pd e le alleanze (im)possibili del dopo voto

Da sinistra a destra dello spettatore: Matteo Renzi, Michele Emiliano e Andrea Orlando. Dietro ad un tavolo, tutti e tre seduti - del resto Emiliano si è infortunato tempo fa e non avrebbe potuto stare in piedi - mercoledì sera i candidati del Pd alle primarie per la segreteria, in diretta su SkyTg24, più che triellanti (tre che duellano) sembravano tre conviventi. Da qui bisogna partire per constatare come queste primarie del Partito democratico siano in tono minore rispetto a quelle degli anni passati, un po’ perché il risultato appare assai più scontato degli altri anni, quando a duellare erano Bersani (oggi uscito dal Pd) e Renzi, un po’ perché la ripetizione in politica non aiuta ma semmai annoia. Ad ascoltare il ricomincio da tre del Pd, dopo la esperienza di Governo di Renzi, si avvertiva, soprattutto nell’ex premier toscano, come una nostalgia di ciò che era stato e che potrebbe essere ancora, anche se molte cose sono nel frattempo cambiate. A cominciare dal Pd, che ha perso, lo dicevamo prima, Bersani ma pure D’Alema. La vera domanda - in fondo - da fare ai tre aspiranti segretari del Pd (tra cui la spunterà Renzi) è che idea abbiano delle politiche per il Paese, oggi che Paolo Gentiloni governa e lo fa con il voto maggioritario del Pd. La risposta in parte è arrivata dal triello di mercoledì, con un Renzi spostato su alcuni temi a destra, soprattutto nella critica alla Ue, sulla legittima difesa e sulle politiche dell’immigra - zione dell’Europa. Con un Emiliano in chiave soprattutto anti-Renzi, per ammiccare al mondo grillino (chissà perché, poi, visto che i grillini non voteranno alle Primarie) e con Andrea Orlando che puntava a dare di sé una immagine che non avesse la strafottenza (ma neppure la sicurezza) di Renzi e rassicurasse il passato di sinistra. Sin qui ciò che si è consumato nella sfida televisiva ed in questi mesi di campagna elettorale per le primarie del Pd. Ma per il futuro? Il 1 maggio, tra l’altro giorno della Festa dei Lavoratori, che dirà il vincitore delle Primarie, e cioè (con ogni probabilità) Matteo Renzi? In parte Matteo lo ha già detto, quando ha sottolineato che chi vincerà il voto di domenica 30 aprile sarà anche il candidato premier del Pd alle elezioni. Con quale programma? E questa in fondo è la questione che resta in parte sospesa anche perché, ad oggi, non si riescono a misurare i rapporti di forza tra le tre principali forze politiche del Paese, Pd, M5S e centrodestra, soprattutto perché non si capisce neppure quale legge elettorale avremo al momento del voto per le politiche. Unica certezza, quella arrivata nelle ore scorse nientedimeno che dal Colle da dove il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha mandato un telegramma (ideale) a tutto il Parlamento il cui senso, volgarizzato (con tutto il rispetto per il Presidente della Repubblica) è: datevi una mossa a calendarizzare ed approvare la legge elettorale altrimenti non se ne esce. Risultato: a maggio, nella seconda parte del mese, il Parlamento comincerà ad occuparsi della questione della legge elettorale, vero tappo ad ogni possibilità di accelerazione, rispetto alla data naturale verso le elezioni anticipate. Il Partito democratico, piccolo dettaglio, ma anche le altre forze politiche per la verità, ancora non hanno fatto sapere che posizione avranno sulla riforma della legge elettorale. Certo Renzi, lo ha ribadito anche il mercoledì del triello con Emiliano ed Orlando, da laico toscano, come insegnava Machiavelli, non si preclude nulla, ma non tanto sulla legge elettorale quanto sul dopo: le maggioranze andranno nell’interes - se dell’Italia, e le geometrie delle alleanze se necessario potranno essere variabili, anche all’occorrenza una convergenza tra il Pd di Renzi e la Forza Italia di Berlusconi. Unico dettaglio, si fa per dire: una convergenza tra Forza Italia e Pd sarà possibile se una delle due formazioni sarà il primo partito. Se il primo partito, dopo le politiche, dovesse essere il 5 Stelle, beh allora tutto muterebbe visto che non si danno in scienza politica grosse coalizioni che escludano il primo partito nei voti, quello si sarebbe detto una volta, di maggioranza relativa. Ma l’Italia, si sa, è piena di sorprese.

( 28 aprile 2017 )

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