Ha fatto notizia la convocazione delle segreterie unitarie di Cgil, Cisl e Uil a distanza di oltre tre anni per fare il punto sulle posizioni della “triplice” rispetto ai nodi della strategia sindacale: dal rinnovo dei contratti del pubblico impiego alla pressione fiscale su lavoratori e pensionati fino al superamento della legge Fornero. Ma il tema spinoso al centro del confronto è la riforma del modello contrattuale che vede, com’è noto, la Cgil spingere per una centralità del livello nazionale a differenza della Cisl che sostiene il rafforzamento della contrattazione di secondo livello. Una differenza di non poco conto che, nella logica di un concreto pragmatismo, deve fare i conti con la velocità di cambiamento del modo di fare impresa, le sfide della competitività dei mercati, la conseguente modifica delle richieste rivolte ai lavoratori e la necessità di introdurre modifiche all’organizzazione del lavoro. Da questo punto di vista, l’orientamento contenuto nel documento che prepara l’Assemblea organizzativa della Cisl (che si svolgerà a Riccione dal 16 al 19 novembre) è molto chiaro. L’esigenza di rispondere a specifiche necessità delle aziende sposta inevitabilmente il baricentro delle relazioni a un livello di prossimità. “Le dinamiche recenti, che segnalano un mutamento di fase, – si legge nel documento dell’Assemblea – comportano una riduzione del peso della concertazione a livello centrale e impongono una rivisitazione del modello confederale” mentre, a livello regionale, “il declino della prospettiva federalista e la crisi delle regioni pongono il ridimensionamento dei livelli intermedi e cresce l’importanza dell’azione sindacale a livello di luogo di lavoro e territorio”. Orientamento chiarissimo. La direzione che assume la Cisl è in direzione contraria a quella degli anni successivi alla conferenza di Montesilvano del 1979 “dove si attuò il rafforzamento delle strutture confederali e la concentrazione di molte funzioni sul livello”. Ma quella stagione si è conclusa. Oggi la sfida della contrattazione consiste nel ruolo del sindacato nei luoghi di lavoro, nella risposta al territorio e costruzione di alleanze sociali a livello locale. La riforma si dovrà fare ma nel nome della prossimità.