Partiamo da una domanda: la paura è un sentimento politico? E soprattutto: la paura è un sentimento che può essere utilizzato per ottenere consensi e magari vincere le elezioni? Si tratta di due interrogativi non banali, considerando che in questo periodo, dall’Olanda alla Francia, passando per la Germania, alcuni delle principali nazioni europee si troveranno davanti ad elezioni politiche dove il tema dell’immigrazione e della sicurezza saranno centrali. In Francia, ad esempio, Marine Le Pen, candidata del Front National sta spingendo molto sui temi della sicurezza, del no all’euro, dello stop all’immigrazione e l’interrogativo che molti altri paesi europei si pongono è: vincerà oppure no? Cosa prevarrà alle elezioni francesi, ma anche in Olanda e nel voto tedesco, lo sapremo soltanto ad elezioni consumate ma di certo un dato non può essere eluso ed anche il nostro Paese, l’Italia, oggi ci sta facendo i conti: quanti voti porta con sé la paura? Parliamo del nostro Paese per una ragione semplice, ovvero il fatto che a Lodi, nella provincia lombarda, al nord, un oste, Mario Cattaneo, abbia sparato ad uno dei ladri che erano entrati nella sua proprietà, uccidendolo. Un fatto di cronaca che ha scatenato un dibattito sulla legittima difesa, da cambiare, magari - come sostiene una parte dei nostri parlamentari - abolendo l’eccesso di legittima difesa, oppure da lasciare come sta. Non solo questo, ovviamente. Dopo il fatto di cronaca di Lodi, nell’Osteria del signor Cattaneo che ha sparato si è scatenata una caccia alla solidarietà all’oste, di gente comune ma anche di politici visto che - per fare un esempio - Matteo Salvini è corso su a farsi fotografare con lo stesso Cattaneo. Solidarietà, d’accordo. Ma la domanda politica in questo momento è anche un altro: quanto vale, in termini di voti, nell’Italia del 2017, una foto accanto all’oste che ha sparato al ladro? Sembra un dettaglio, ma qualcosa, nella nostra cara Italia sta mutando. Non solo in termini di senso comune ma anche in termini di prassi e di consuetudine. Prendiamo ad esempio il porto d’armi, ovvero la tendenza degli italiani ad armarsi. Il numero di licenze per armi - secondo una recente inchiesta de La Stampa - è esploso. Nel 2015 ne sono state rilasciate1.265.484. Un’enormità se si considera che solo tre anni prima erano poco più di un milione (1.094.487 per la precisione). Che cosa è successo? È interessante osservare l’andamento delle licenze. Se nel 2012 e 2013 c’era stato un aumento, seppur contenuto, è nel 2014 e nel 2015 che l’anomalia si manifesta in modo più evidente. In Italia un cittadino comune può ottenere una licenza per tre motivi: difesa personale, uso venatorio e uso sportivo. Ed è proprio in queste due categorie che si è avuto il picco. Le licenze per andare a caccia sono cresciute del 12,4%. Quelle per uso sportivo addirittura del18,5%. DopoSpiegazione? Proviamo a darne una: visto che ottenere una licenza diporto d’armi per difesa personale è burocraticamente complicato, una parte crescente degli italiani chiedono una licenza diversa. Speriamo di sbagliare la nostra analisi, ma di certo i dati che monitorano la situazione delle armi in Italia qualche interrogativo lo pongono. E sono domande che dovrebbero anzitutto interrogare la nostra classe politica. Che, a dare una sbirciata agli archivi delle discussioni parlamentari del passato, ormai da anni si trova a di battere del tema della legittima difesa. Un caso per tutti. E’ dal 2006 che la Lega sta provando ad ampliare la legittimità fattuale della legittima difesa. Proprio nel 2006 si era discusso di una modifica che in caso di violazione di domicilio o di luogo di lavoro, se l'aggredito reagisce sparando o in altro modo per difendere la propria o la altrui incolumità, i beni propri o altrui, quando non c'è desistenza (fuga) e anzi c'è pericolo di aggressione, la reazione è proporzionata. Se intorno alla questione si era scatenata la bagarre politica, nel concreto esercizio della giustizia è cambiato molto poco perché nella giurisprudenza il criterio di proporzionalità è rimasto. Dopo Lodi, tra sentimento della paura e voglia di consensi, la domanda non rinviabile è: ma è di questo che ha davvero bisogno l’Italia?