Per capire quanto sia vecchia e uguale a se stessa la polemica sui vitalizi ai parlamentari in Italia, partiamo oggi da un nome e da un cognome: Enrico Endrich. Chi era costui, si chiederanno gran parte dei nostri lettori? Endrich era un parlamentare sardo, del Msi, eletto nel 1953 deputato alla Camera. Poco tempo dopo, nel 1955, Endrich si dimette per protesta dopo che il Parlamento aveva approvato il vitalizio per gli ex parlamentari, rinunciando così a percepire lui stesso il vitalizio mediante perdita volontaria del requisito. Ecco cosa scrisse Endrich all’allora presidente Giovanni_Gronchi: “Onorevole presidente, il concedere la pensione ai senatori e ai deputati equivale ad affermare il principio della professionalità della funzione parlamentare. Poiché non mi sento di accettare tale principio, rassegno le dimissioni da deputato”. Si scatenò un pandemonio. Alla prima votazione Montecitorio rifiutò le dimissioni. Per perorare la causa della difesa della casta di allora prese la parola il collega di partito Giovanni_Roberti: “Propongo che le dimissioni dell'onorevole Endrich vengano respinte (...) perché l'argomento si può considerare assorbito da talune recenti dichiarazioni delle direzioni dei partiti rappresentati in questa Camera”. Ma Endrich non molla e va avanti: “Onorevole presidente, apprendo dai giornali che la Camera ha respinto le mie dimissioni. Ringrazio ma devo insistere perché esse vengano accolte”. Ed alla fine la spunta, riuscendo a dimettersi. Questa vicenda di 62 anni fa riletta oggi pone alcune riflessioni necessarie. Il Movimento 5 Stelle in queste ore sta facendo una campagna contro i vitalizi ai parlamentari e per la loro abolizione. Quella che era la battaglia di un singolo parlamentare, nel 1955, per ragioni di principio sul ruolo del parlamentare, è diventata da dieci anni e passa una battaglia essenzialmente contro la casta. Che i privilegi della politica esistano non saremo certo noi a negarlo, ma può partire solo da una cultura politica anticasta la rinascita di questo nostro Paese che ha già fallito una sua catarsi sperata, cominciata 25 anni fa con l’idea che dall’affondamento della Prima Repubblica per la corruzione sarebbe nata una nuova classe dirigente più morale e più preparata della precedente?Uno dei magistrati protagonisti della stagione di Mani Pulite e della lotta al malaffare, Piercamillo Davigo, oggi presidente dell’Anm, ha detto di recente che a 25 anni da Mani Pulite “l’Italia è ancora più corrotta”. Oggi, nel 2017, l’idea di rinnovamento nasce invece dall’insofferenza popolare e da dieci anni di cultura anticasta:tutti sono a parole contro, ma contro cosa? Che un premier di una nazione democratica abbia oggettivamente condizioni materiali migliori di un semplice impiegato o commerciante è un dato di fatto in Europa e negli Usa. Democrazia significa azzerare queste differenze o piuttosto fare in modo che i lavoratori, gli impiegati, i commercianti abbiano i loro diritti tutelati, buoni stipendi, lavoro gratificante e standard di vita dignitosi? Ecco, forse ciò che oggi sfugge all’analisi della nostra classe politica è proprio questo. Perché la politica, che poi in sostanza ha mantenuto gran parte dei propri privilegi intatti (anche se sui vitalizi sono stati introdotti alcuni cambiamenti rispetto al passato), a parole attacca i privilegi ma nella sostanza se li (man)tiene. Sul blog di Beppe Grillo, nella campagna contro i vitalizi, in queste ore si legge: “Il 15 settembre per deputati e senatori scatterà il vitalizio, dopo soli 4 anni, 6 mesi e 1 giorno di permanenza in Parlamento:un privilegio medievale che è uno sfregio ai comuni cittadini. Il MoVimento 5Stelle ha presentato una delibera negli Uffici di Presidenza di Camera e Senato per chiedere che il trattamento pensionistico degli ‘onorevoli’ venga equiparato a quelli dei normali cittadini, è una proposta di uguaglianza e giustizia sociale. La nostra delibera può essere votata in 5 minuti da un gruppo ristretto di parlamentari, senza il passaggio in Aula”. Vedremo come finirà questa telenovela sui vitalizi e sulla casta che va avanti da dieci anni e passa. Anni in cui l’Italia e gli italiani stanno sempre peggio (e non solo per colpa dei vitalizi!). Un tema, questo, su cui una classe politica responsabile dovrebbe cominciare a riflettere. Per cercare di cambiare. In meglio.