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Contratti

Tessile e abbigliamento, venerdì il settore torna a scioperare dopo 20 anni

I lavoratori delle aziende tessili e abbigliamento incrociano le braccia per il rinnovo del contratto nazionale. Dopo oltre 20 anni, le federazioni di Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero di 8 ore a livello territoriale, venerdi' 18 e lunedi' 21 novembre, con presidi davanti le sedi di Confindustria o di grandi aziende. Ma i sindacati sono pronti ad altre forme di lotta: una manifestazione nazionale entro il 20 dicembre e iniziative piu' visibili durante fiere e sfilate, come Pitti Uomo a Firenze e la settimana della Moda a Milano. I lavoratori interessati dal rinnovo del contratto con Sistema Moda Italia sono 420 mila, al 90% donne, distribuite in circa 50 mila imprese; i loro salari - hanno spiegato nel corso di una conferenza stampa i segretari nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec, Stefania Pomante, Mario Siviero e Riccardo Marcelli - sono "tra i più bassi del Paese", e si aggirano intorno ai mille euro.

"La controparte - ha spiegato Siviero - non solo non vuole riconoscere alcun incremento salariale nel prossimo triennio, ma chiede la restituzione di 72 euro dello scostamento tra l'inflazione Ipca prevista e quella effettiva. Nei fatti poi non vogliono la restituzione del denaro ma vogliono fare 'pari e patta' con l'inflazione prevista nel prossimo triennio".

Il nodo - hanno sottolineato i sindacalisti - non è la quantità di aumento da ottenere con la trattativa quanto il modello contrattuale: "Smi ci chiede di verificare l'inflazione reale con scadenza annuale - ha spiegato Pomante - Così il contratto nazionale smette di avere autorità salariale. E' un modello che definisce ex post i minimi e non da' alcuna certezza previsionale all'atto della sottoscrizione. Dal momento che l'80% delle imprese non fa contrattazione di secondo livello, nei fatti viene negato al sindacato la possibilità di discutere di salario". "Il modello di Smi è pericolosissimo - ha fatto notare Marcelli - perchè finisce per ripristinare una sorta di scala mobile. E' una scelta incomprensibile". Per questo - ha riferito Marcelli - alcune aziende chiedono di passare dal contratto di Confindustria a quello di Confapi o altre per evitare lo sciopero stanno proponendo ai sindacati aziendali "una sorta di pre-contratto". Secondo i sindacati, la richiesta di un aumento nell'ordine dei 70-80 euro è sostenibile dalle imprese: "Negli ultimi 5 anni il settore ha perso 100 mila posti di lavoro ma il fatturato è salito da 52 a 54 miliardi". La Smi chiede anche "di ridurre le ferie, intervenire sui 3 giorni di malattia e sulla legge 104, recepire interamente il Jobs act": "Si vogliono comprimere i diritti - hanno detto i sindacalisti - ma non è così che si rende le imprese italiane competitive". Le principali manifestazioni si terranno il 18 novembre a Biella, davanti alla sede dell'Unione Industriale Biellese; a Milano davanti alla sede di Smi; a Vicenza davanti la Marzotto; ad Ancona davanti la sede di Confindustria. Lunedì 21 sarà la volta delle manifestazioni in Emilia Romagna, davanti all'azienda Armani, a Penne (Pescara) davanti Brioni e in Toscana davanti le sedi delle unioni industriali di ogni territorio.

 

( 14 novembre 2016 )

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