Per “favolosi anni ‘60” deve intendersi il segmento a cavallo con quella precedente, che innescò il boom economico e diede alla penisola una svolta edonista filmata da Fellini. E Dolce vita, dolce morte è intitolato il nuovo romanzo di Giancarlo De Cataldo, una libera ricostruzione dell’omicidio insoluto di Christa Wanninger, giovane tedesca planata su Roma per sfondare nel cinema. La trovano uccisa il 2 maggio 1963. De Cataldo la ribattezza Greta Müller e fa indagare sulla sua morte violenta un giovane giornalista in ascesa, Marcello Montecchi. Non si può evitare di attribuirgli i lineamenti e la voce di Marcello Mastroianni, che interpreta Marcello Rubini in La dolce vita. È lui ad incontrare Greta da Doney, in via Veneto, e ad avere con lei una relazione che gli attira l’ostilità di Marianne, sua convivente. Marcello riepiloga al capo della mobile, dopo che dal giornale viene catapultato sulla scena del crimine e riconosce la giovane senza vita su un pianerottolo.
Tra aperitivi, vernissages e feste, De Cataldo chiama in scena personaggi reali, come Flaiano, Moravia, Pasolini.
Greta parla l’italiano quasi senza accento e ha momenti di cupezza in contrasto con la solarità godereccia di una Roma pre-68, dove la promiscuità sessuale e l’“amore libero” sono mercimonio, vendita dei corpi in cambio di particine sul set e di più. Marcello non è innamorato di Greta. Ha uno slancio più sincero per Marianne. Eppure la tedesca lo intriga. Riandando con la memoria alla loro recente relazione, ne scopre pieghe sfuggitegli. Ben presto, l’intera vicenda diventa un viaggio ai confini della notte, in cui all’orrore del fronte di Céline viene sostituito il backstage di quello che gli italiani spensierati del miracolo economico leggono con voyeurismo sulle riviste scandalistiche.
Greta ha contatti non esattamente ordinari. Due industriali tedeschi che si contendono il primato in affari, un’amica tutt’altro che affidabile. Per Marcello è uno scenario abituale: lo riporta nelle sue cronache mondane pubblicate sul giornale che gli paga lo stipendio. Nemmeno i cadaveri sono esclusi dalla dolce vita. Soltanto che quello di Greta, oltre che muoverlo a pietà, gli impone una resa dei conti con se stesso. Malgrado sia uno ormai arrivato, sogna di scrivere “il grande romanzo italiano”, nel quale riversare tutto quanto esula dal recinto del gossip. Il padre, poi, gradirebbe che lui fosse sposato e gli desse dei nipotini. La prosa avvincente di De Cataldo trasforma fin dall’inizio la docufiction nell’ennesima occasione per la sua maestria di autore. Specie perché l’arco della trama si estende dal 1963 al 1988, abbracciando la metamorfosi del Bel Paese che ancora sfugge agli osservatori e, più che interpretata, attende di essere decodificata. Come il delitto della Müller/ Wanninger.
Giancarlo De Cataldo, Dolce vita, dolce morte, Rizzoli 2022, pp. 160, Euro 14,00