Martedì 23 aprile 2024, ore 14:43

Mostre

Marcel Broodhaers e l'uso poetico della parola

di ELIANA SORMANI

La poesia alla fine mi impediva di entrare in contatto con gli altri, anche con altri poeti. Quella solitudine mi è pesata e frequentando per parecchio tempo le sale espositive -mi interessano molto alle arti plastiche- mi sono accorto che i quadri, la scultura, offrivano un genere di comunicazione molto più efficacie. Efficacie anche a livello remunerativo. Perchè alla fin fine una poesia non si vende, mentre un quadro, una scultura, oddio, col tempo si finisce sempre per trovare un pubblico!”. Così Marcel Broodhaers giustificava, in modo ironico, durante un’intervista nel 1969 a Sélim Sasson, il suo volontario approdo all’arte visiva dopo essersi dedicato alla poesia per molti anni, senza ottenere il successo desiderato. Nato a Saint Gilles il 28 gennaio del 1924, dopo aver frequentato per un anno la facoltà di Chimica all’Università di Bruxelles, abbandona gli studi per dedicarsi esclusivamente alla carriera poetica. Pubblica una prima opera nel 1945, sulla rivista surrealista “Le ciel Blue” entrando a contatto con Renè Magritte e i surrealisti di Bruxelles con i quali firma nel 1947 il manifesto del surrealismo belga. Per più di un decennio si dedica, oltre che alla poesia, anche a quella cinematografica, girando diversi filmati, alla fotografia, e alla professione di giornalista critico d’arte.

A segnare il passaggio dell’artista all’arte visiva è la creazione della scultura “Pensè Betè”, nata nel 1964 dal gesto simbolico con cui fissa nel gesso 50 copie rimaste invendute dell’omo nima sua raccolta di poesie.

Una scultura che desta inaspettatamente molto più interesse di quanto ne avesse suscitato il testo delle sue opere in versi. In realtà non abbandonerà ma definitivamente l’arte della parola come si evince in modo evidente all’interno delle sue “Poe sie industriali” (che egli definisce “rebus”), con le quali prova a dare forma alla parola in modo più efficace che con la stampa tipografica. All’interno delle poesie industriali parole, lettere, simboli e punteggiatura acquisiscono un aspetto visivo e, attraverso la tecnica a rilievo della plastica termoformata, una fisicità oggettuale.

L’artista ripropone la funzione e l’impostazione dei cartelli e delle insegne stradali, ma grazie all’uso poetico della parola, che in essi inserisce, sottrae all’oggetto la sua funzione originale e lo trasforma in uno strumento per comunicare un messaggio. Nelle poesie industriali Broodthaers fa convivere sia elementi industriali, come la scelta del materiale e la produzione in serie, con metodi legati al mondo dell’arte considerando, ogni prodotto unico o di produzione limitata. Moltissime placche contengono allusioni alla letteratura francese del Ottocento con riminiscenze poetiche di provenienza simbolista, da Baudelaire a Mallarmè, a sottolineare il suo irrinunciabile legame con la poesia. A partire dal suo ingresso nel mondo dell’arte partecipa a diversi importanti allestimenti ad iniziare nel 1965 con la mostra Pop art, nouveau réalisme.

Attento osservatore della realtà del XX secolo prende in esame i complessi rapporti tra “arte e società, tra museo e collezione e tra valore e statuto di un’opera”, indagando anche i rapporti tra arte e mercato attraverso un’ana lisi dei meccanismi commerciali che governano il mondo artistico.

Artista poliedrico, “con l’occhio d’artista, mente da poeta e sguardo da sociologo”, poco interessato ai procedimenti tecnici che portano alla nascita di una sua opera (delega infatti la produzione delle sue placche a una ditta che si occupa di stampare i cartelli stradali e le targhe con i nomi delle vie di Bruxelles), mostra tutto il suo interesso verso l’a spetto concettuale tanto da divenire uno dei più importanti rappresentanti dell’arte concettuale del XX secolo unendo la cultura surrealista alle nuove tendenze degli anni Sessanta e Settanta, “destrutturando quello che è il sistema e il linguaggio dell’arte attraverso anche una ricerca indirizzata alla demistificazione dei suoi codici e delle sue strutture “.

Espressione più chiara di questo procedimento è il museo fittizio “Musée d’Art Moderne, Département des Aigles” che egli inaugura il 27 settembre del 1968 nella sua stessa abitazione a Bruxelles. Un progetto a cui si dedica per ben 4 anni allestendone 12 sezioni temporanee in sette città in Belgio, Olanda e Germania e di cui egli si autoproclamerà contemporaneamente direttore e curatore. Un museo, paradossalmente privo di opere d’arte, fatta eccezione per alcune rare eccezioni, sostituite da casse per imballaggio vuote, lettere, cartoline fotografie, film, iscrizioni dipinte direttamente sui muri. Se all’inizio il Musèe d’Art Moderne, Dèpartement des Aigles era nato come risposta ad uno specifico evento politico avvenuto nel 1968 a seguito dei movimenti di protesta degli artisti sfociati nell’occupazione del Palace des Beaux-Arts di Bruxelles (a cui Broodthaers aveva partecipato come intermediario tra tra gli artisti e il personale del museo), negli allestimenti successivi il Musée assume una vita autonoma e diventa misura di come qualcosa di fittizio possa divenire reale e vivere di vita propria nutrita dall’idea più che dalla realtà stessa. Una riflessione “provocatoria” dunque sul valore dell’arte legata alla sua considerazione sociale economica e pubblica. Sempre nella primavera del 1968 realizza le sua prime placche in plastica dal titolo Académie e nel mese di giugno scrive le sua prima lettera aperta a cui ne seguiranno molte altre su temi legati al mondo dell’arte, ai musei, al ruolo dell’artista. Le “Poesie industriali” divengono presto una delle opere più iconiche dell’artista, in cui egli riesce a trasferire anche il suo amore per la poesia dandogli una forma visiva, spesso disorientando il suo pubblico per i significati e le allusioni nascoste. Trascorre il resto della sua vita allestendo mostre immersive (decor) con le sue opere e con oggetti presi in prestito temporaneo, tra Londra, Colonia, Berlino fino al giorno della sua morte avvenuta a 52 anni nel 1976 a Colonia. Il MASI di Lugano dedica a questo artista e alle sue placche, “una mostra senza precedenti” dal titolo “Marcel Broodthaers. Poesie industriali”. Grazie alla collaborazione con i suoi eredi e con il Wiels di Bruxelles, la curatrice Francesca Benini è riuscita a organizzare un percorso ricco di immagini, fotografie (spesso scattate dalla stessa moglie dell’artista, di professione fotografa) 3 film, un’opera audio “intervista al gatto”, una serie di disegni e schizzi preparatori e ben 72 placche di cui alcune dalle variazioni meno conosciute. La mostra che rimarrà aperta al pubblico dal 1 maggio al 13 novembre vuole portare il pubblico svizzero e italiano a conoscere questo grande artista-poeta, celebrato in tutto il mondo come uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale del Novecento. Ad arricchire la mostra, emotivamente molto coinvolgente, la pubblicazione “Let tere aperte e conversazioni” pubblicata dalle Edizioni Casagrande a cura di Francesca Benini in coedizione con il MASI, in cui vengono raccolte le Lettere aperte ed alcune interviste rilasciate dall’ar tista tra le più significative, per permettere al pubblico di entrare direttamente a contatto con il suo pensiero e le sue idee.

L’allestimento di Lugano è suddiviso in diverse sezioni di carattere tematico a partire dalle prime “poesie industriali”, nate nel 1968 e influenzate dalle questioni di carattere politico determinate dai movimenti di contestazione avvenute in Belgio e poi allargatesi nel resto dell’Europa: da Academiè, soggetto di una serie di 36 placche dal titolo volutamente provocatorio in un periodo fortemente anti-accademico, fino alle “Multiple illimitè” e “Multiple inimitable” in cui l’artista affronta il contraddittorio e dibattuto tema dell’unicità e ripetibilità di un’opera d’arte attraverso l’ossimoro “multipli inimitabili illimitati. La mostra prosegue con alcune placche esposte nel suo progetto personale “Muse d’Art Moderne, Departement des Aigles” (di cui in mostra è presente “Les Portes”, unica opera di dimensioni quasi reali, in cui su due placche sono rappresentate due porte speculari bagnate dalla pioggia allusive all’ingresso del museo vissuto come rifugio). Tra le numerose placche presenti in questa sezione è più volte ripreso il soggetto dell’aquila come nelle opere dal colore diverso “Chez vostre fournisseur (Le Vinaigre des Aigles)” (Presso il vostro fornitore (L’aceto delle Aquile)” in cui vengono rappresentate, accanto ad una bottiglia, simbolicamente due aquile. L’aquila, metaforicamente allusiva alla solitudine e melanconia, ma anche all’imperia lismo, alla guerra e all’autorità, è un soggetto a cui è strettamente legato il museo di Broodthaers, ed è un simbolo ripreso, come lui stesso dichiara, da una sua poesia del 1949 “O Tristesse envol de canards sauvages/Viol d’oiseaux au grenier des forèts/ o malancolie aigre chateau des aigles” (OTristezza, volo delle anatre selvatiche/ Ratto degli uccelli nel sottotetto delle foreste/o malinconico castello delle aquile).

Non potevano mancare nella mostra le placche dedicate a Magritte, uno tra i più significativi modelli di riferimento dell’artista, come lui stesso dichiarerà in una sua lettera aperta del 1968 “Una delle conseguenze impreviste della mia attività è stata la riscoperta di Magritte. Ho potuto scostare il sipario intessuto dai surrealisti che nasconde l’elemento di attualità della sua opera”. Una serie di placche raffiguranti le pipe occupano un’ampia sezione della mostra che si va ad intrecciare anche con la sezione letteraria, dove tra lettere e pittogrammi, che richiamano anche i segnali stradali, continui sono presenti riferimenti alla poesia così come alla pittura attraverso il richiamo a pittori come David, Courbet, Ingres e Wiertz. Nell’opera ad esempio “Modèle: la virgule [Modello:la virgola]”, in cui compare una virgola sopra il fornello di una pipa, mentre in basso a grandi caratteri maiuscoli è riportato il titolo

dell’opera, l’artista sembra voler unire il tradimento delle immagini di Magritte con il concetto di spazializzazione del linguaggio e della punteggiatura proposto da Stèphane Mallarmè, (altro modello di riferimento di Broodthaers), per il quale “il silenzio della lingua costituisce il modello di base della poesia, che impone al testo un ritmo di presenza e assenza”. Le pipe sono il soggetto centrale anche del film “Le pipe” in cui gli oggetti appaiono e scompaiono dietro una nuvola di fumo a significare quanto fumosa e ambigua possa essere la rappresentazione di un oggetto attraverso le immagini. Il desiderio di portare la poesia o il linguaggio o la scrittura nelle arti visive è uno dei temi principali affrontato da Broodthaers nel sue opere come emerge in un altro film presente in mostra, nella sezione dedicata esplicitamente al Cinema, La pluie (projet puor un texte) [La pioggia (progetto per un testo)] in cui si vede l’artista che, mentre sta scrivendo un testo, viene travolto da una pioggia improvvisa (in realtà è la moglie che gli versa in testa dell’acqua con un innaffiatoio) e tutto ciò che scrive si cancella (proprio come era accaduto alla sua poesia inascoltata dal pubblico) mentre compare in sovrapposizione la scritta “Progetto per un testo”, per indicare il suo desiderio di liberare la scrittura e il linguaggio dalla pagina. Un progetto che si fa evidente anche nei suoi esperimenti con l’argilla, con i quali va a stravolgere la perfezione e la grafica dei caratteri standardizzati. Il percorso della mostra si conclude con una sezione dedicata esclusivamente a targhe con evidenti accenni alla letteratura, alla poesia e alle lettere, mettendo il visitatore di fronte ad una serie di enigmi e giochi fonetici adatti ad una lettura ad alta voce. La mostra è sicuramente molto stimolante, pur nella sua complessità, essendo coinvolgente dal punto di vista sensoriale, visivo e uditivo, tanto da permettere al visitatore di avvicinarsi in modo diretto all’artista e alle sue opere catturato dai colori, dalle lettere e dai disegni enigmatici, dagli ossimori e dai rebus, strumenti fondamentali per riflettere soprattutto sul valore dell’arte e sull’oggetto dell’arte, andando oltre tutti quelli che sono i loro significati accademici e convenzionali.

Marcel Broodthaers. Poesie industriali. Masi, Lugano, 01/05-13.11.2022 

Marcel Broodthaers, Lettere aperte e conversazioni , Edizioni Casagrande, pagg. 94, euro 18,00

( 16 maggio 2022 )

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