Il 18 gennaio è il 50° anniversario della scomparsa di Nicola Chiaromonte, un politico e filosofo di elevato rigore scientifico.
Nicola Chiaromonte era nato a Rapolla, in Basilicata, nel 1905. E’ stato, molto noto in Italia ed all'estero, meno nella sua stessa regione. Giornalista e critico, in particolare di teatro. Nel dopoguerra diresse insieme ad Ignazio Silone la rivista 'Tempo presente', riunì i suoi scritti letterari in 'La situazione drammatica' quelli letterari in 'Credere e non credere'. Ma era soprattutto appassionato di filosofia, fu antifascista, militante di Giustizia e Libertà, fuoruscito in Francia dal 1934 e negli Stati Uniti dal 1941. Combatté in Spagna nella squadriglia aerea di André Malraux. Intimo di Andrea Caffi, legato ad Albert Camus che aveva conosciuto nel 1940 in Africa, e alla cui opera dedicò un saggio. Fu devoto di Gaetano Salvemini, frequentò l'élite radical di New York che si raccoglieva intorno alla rivista 'Politics' di Dwight McDonald; molto amico di Hanna Arendt e di Orwell.
Tornato in Italia nel 1947, constatò che c'era poco spazio per un 'eretico' (come veniva definito). Chiamava 'dilettanti di comunismo' gli intellettuali che fiancheggiavano il Pci. Prima sul Mondo di Pannunzio, poi sull'Espresso, si occupò la rubrica di teatro, sua grande passione. Nel mensile 'Tempo presente', manifestò il suo anticomunismo, mantenendosi su una posizione di sinistra utopica. Un uomo di cultura di elevato spessore, è ancora oggi studiato in convegni di rigore scientifico, come quello tenutosi nel 2002 a Forlì, dal titolo 'Cosa rimane dell'eredità di Nicola Chiaromonte” da cui la pubblicazione degli atti di quel convegno sul n. 3 dei 'Quaderni dell'altra tradizione'. Scrive il critico Paolo Mauri: ' Chiedersi cosa rimane
è un po' come discutere l'eredità di Chiaromonte, un intellettuale che suscita nostalgia e voglia di non interrompere il dialogo con il suo pensiero. Un pensatore che resta tuttavia, abbastanza introvabile, nonostante le cure di Ugo Berti, che lo fece ripubblicare dal 'Mulino'. Gli americani, a cominciare da Mary McCarthy, che lo inserì in un romanzo, lo consideravano un anarchico. Termine troppo forte ed insieme troppo vago sostiene ancora Mauri - per un libertario inquieto che, a fronte delle rivolte giovanili, medita su una politica in senso serio, che sta per 'arte della convivenza tra gli esseri umani'. Una utopia, ovviamente che serve però da pietra di paragone con le follie trascorse o in atto. Non è un caso che la figura del lucano Chiaromonte abbia affascinato un intellettuale polacco come Wojciech Karpinski, il quale gli dedicò un saggio nell'anno della sua morte: 'Era il profilo dell'umanista sovrano - scrive - che non si lascia ingabbiare nella definizione di pensatore politico'. Fu un “Socrate involontario”, ispirato da sentimenti assoluti - conclude Mauri - strenuo assertore del principio di responsabilità. Davvero non è difficile capire perché sia così trascurato e tutto sommato inattuale. I suoi scritti vennero pubblicati dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel 1972, mentre presso l'università di Yale (negli U.S.A.) rimane ancora inedito il suo prezioso epistolario.