Dovrebbero essere festeggiate ogni giorno, come da inizio Novecento accade formalmente l’8 marzo, in una ricorrenza carica di significati e dalle radici tragiche. Forse addirittura “non casualmente tragiche”, dice Patricia Arquette, l’attrice che dedicò l’Oscar “a tutte le donne che hanno partorito, a quelle che hanno combattuto per i diritti degli altri: è ora di ottenere la parità di retribuzione e di diritti per tutte le donne”. Ed era il 2015, sei anni fa, non il Medioevo.
La reale origine dell’8 marzo è confusa. C’è chi vuole tragga spunto dai drammatici incendi di due fabbriche di New York, nel 1908 e nel 1911, in cui persero la vita decine e decine di operaie; chi invece da una decisione politica, sotto l’impulso della rivoluzione bolscevica, o dalla presa di posizione di deputate come Rosa Luxemburg, Clara Zetkin o Corinne Brown. Cambia poco. La Giornata internazionale dei diritti delle donne prosegue il suo cammino contraddittorio: al di là di tante parole, quei diritti continuano a essere calpestati, e non solo nei paesi in cui non è riconosciuta la parità di genere.
La vicenda dell’8 marzo è complessa anche in Italia.
Istituita alla fine della guerra, nel 1946, la ricorrenza fu già contestata nei primi anni Cinquanta (per il ministro Scelba distribuire mimose era “gesto atto a turbare l’ordine pubblico”) e riconosciuta nei fatti solo negli anni Settanta, sotto la spinta del movimento femminista. Questo 8 marzo, il secondo dell’éra Covid, imporrà riflessioni ancora più profonde, non solo per la gravità della pandemia ancora in atto. Nel 2020, nella gabbia del lockdown, le donne di cui si dovrebbe celebrare la dignità e il rispetto sono state vittima di nuove, feroci aggressioni. Poco meno di novanta i femminicidi, cui si aggiungono i dieci già registrati da gennaio ai primi di febbraio. Un bilancio agghiacciante e senza confini: ogni giorno nel mondo viene strappata la vita almeno a tre donne, mentre decine subiscono violenza.
“Anche per questo 8 marzo – ha detto la scrittrice
Dacia Maraini – la nostra ‘festa’ sarà rivendicare la parità e il rispetto che la società ancora non ci riconosce. Mettiamo al mondo uomini che poi ci tolgono la vita, ci negano il lavoro, ci vessano in ogni modo, provando a costringerci in una perenne condizione di inferiorità.
Anche quest’anno le mimose le porteremo sulle tombe delle sorelle che non vedremo più”.
Joseph Conrad sosteneva che “essere donne è davvero difficile: comporta avere a che fare tutta la vita con gli uomini”. Era il 1889. E’ passato più di un secolo: cosa è cambiato?