Giovedì 25 aprile 2024, ore 21:27

Economia

Crescita a passo di lumaca, con consumi e lavoro in calo

Il Pil italiano ha registrato nel 2016 un aumento dello 0,9%. Lo comunica l’Istat, segnalando una leggera accelerazione rispetto al 2015, anno in cui l’economia è cresciuta ad un ritmo dello 0,8% (dato rivisto al rialzo dalla precedente stima di +0,7%). Lo 0,9% è superiore alle stime del governo che nel Documento programmatico di bilancio indicava una crescita dello 0,8%.

L’economia italiana non cresceva a ritmi così veloci dal 2010. Il +0,9% rilevato dall’Istat per il 2016 è infatti il dato più alto dal +1,7% messo a segno 6 anni prima. In base alle ultime revisioni, il 2015 si è infatti chiuso con il Pil - misurato in volume - a +0,8%, il 2014 a +0,1%, il 2013 e il 2012 sono stati caratterizzati dal segno meno (-1,7% e -2,8% rispettivamente), il 2011 ha registrato un +0,6% e il 2010 un +1,7%.

Ragioni per esultare, però, non ce ne sono, dal momento che il nostro ritmo di crescita resta tra i più bassi d’Europa. Dei 28 Paesi che compongono l’Ue, - fa notare la Cgia - nel 2016 solo la Grecia ha fatto peggio di noi (+0,3%) mentre il dato medio di incremento del Pil in Europa è stato del +1,9%: più del doppio del nostro. E se la previsione presentata nelle settimane scorse dalla Commissione europea per il 2017 non cambierà (Pil Italia +0,9%), anche la Grecia ci supererà quest’anno (+2,7%)lasciandoci desolatamente all’ultimo posto nella graduatoria dei 28 relativa al livello di crescita. Probabilmente, conclude la Cgia, è necessario rivedere la rigidità dei parametri di Maastricht che in questi anni di crisi hanno imposto a tutta Europa degli enormi vincoli alla crescita e allo sviluppo, contribuendo, per contro, a peggiorare la situazione dei conti pubblici di ciascun paese membro.

Di sicuro non aiuta il nostro debito pubblico, il cui rapporto con il Pil si è attestato nel 2016 al 132,6%, in aumento rispetto al 132,0% del 2015. In diminuzione al 2,4%, invece, il rapporto deficit/Pil, che nel 2015 si era attestato al 2,7%. Mentre l’avanzo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) misurato in rapporto al Pil, è stato pari nel 2016 all’1,5% (1,4% nel 2015).

La fotografia dell’Istat, nel suo insieme, ci restituisce dunque l’immagine di un Paese che fatica a risollevarsi. L’aumento del Pil nel 2016, superiore di un decimale alle stime di settembre del governo, sottolinea ad esempio Confesercenti, è un dato senz’altro positivo, che però non basta a sgombrare il campo dalle incertezze. Preoccupa, in particolare, l’affievolimento della ripresa dell’occupazione e dei consumi delle famiglie residenti: questi ultimi chiudono l’anno con un aumento del +1,2%, a fronte di una crescita del +1,5% registrata nel 2015. Un risultato sotto le attese, soprattutto se si considera che l’incremento è guidato da spese fisse come trasporti e abitazione e che il terreno da recuperare è ancora molto: tra il 2007 ed oggi abbiamo perso, in valori costanti, quasi 60 miliardi di spesa per consumi finali.

(Approfondimento domani su Conquiste Tabloid)

( 1 marzo 2017 )

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