Rimini (dal nostro inviato) - Stiglitz, questo sconosciuto. Al Meeting di Rimini, si parla del futuro dell'euro, ma di quanto dichiarato dal premio Nobel per l'economia circa la necessità di ripensare la moneta unica rendendola più flessibile, nel dibattito riminese di oggi pomeriggio non c'è traccia.
Per Riccardo Ribera D'Alcalà, direttore generale presso la Direzione generale delle Politiche interne del Parlamento europeo, Jacques Mistral, direttore del Dipartimento economico dell'Ifri (Istituto francese di relazioni internazionali) e Daniel Gros, direttore del Ceps (Centre for European Policy Studies), nonostante le turbolenze della crisi finanziaria, l'euro ha dato prova di stabilità, per cui oggi si tratta di completare tutti quei meccanismi atti ad assicurare la convergenza tra i Paesi.
La convinzione è che l'impalcatura, ancorché mai sperimentata prima nella storia, sia quella giusta per assicurare pace e stabilità all'Unione europea e se - sottolinea Lombardi, andati via via ingessando l'impianto: Fiscal Compact, Mes, Erf, Six Pack, Two Pack e poi l'Unione bancaria.
La realtà è che, nonostante questi strumenti, l'Europa soffre di bassa crescita, forte disoccupazione e calo demografico. E la risposta contenuta nel documento elaborato dai 5 Presidenti è il rafforzamento dell'assetto, spingendo ulteriormente verso la convergenza. Magari favorita dall'istituzione di una sorta di superministro delle Finanze europeo.
Mistral è un sostenitore di questa tesi. "Il processo decisionale delle politiche economiche in Europa - spiega - è imperfetto, deve essere reso più efficace e democratico. Per questo serve un segretario europeo del Tesoro. Un responsabile direttore del Global Economy Department presso il Cigi (Centre for International Governance Innovation) - ha avuto costi elevati per cittadini e imprese, è in ragione di alcune scelte di politica economica errate e dell'incompletezza di questa costruzione. Dunque, avanti con tutti quei meccanismi di stabilità, ricordati con meticolosità da D'Alcalà, che sono politico di altissimo livello che possa agire come un ministro delle Finanze dell'Eurozona. Il compito più importante di questo ministro dovrebbe essere dare risposte sul debito. E io dico anche sulla parziale mutualizzazione del debito".
In realtà tutti sanno, e lo sa anche Mistral, che lo stato di fiducia reciproca tra gli Stati europei è pressoché sotto i tacchi, come dimostra la sciagurata gestione dell'emergenza migranti. Dunque, se la mutualizzazione del debito appare improbabile, la creazione del superministro dell'Economia fornirebbe semmai alla nostra classe politica l'alibi per demandare ad un imponderabile "organismo sovranazionale" la responsabilità di scelte economiche suicide, allontanando sempre di più i decisori dai cittadini e rendendo impossibile l'esercizio di qualunque sia pur larvale parvenza di democrazia.
A ricordare che la stessa moneta unica è diventata una foglia di fico per i governi che non hanno saputo risolvere questioni non generate dalla crisi ma vecchie di vent'anni, ci pensa Daniel Gros. "Di quale crisi stiamo parlando? Se si guardano i mercati finanziari la crisi è finita. Non è il peso del debito a schiacciare l'Europa. L'economia grazie a Francoforte è già molto liquida. E' una questione di punti di vista. Se guardiamo allo stato dell'Eurozona da Berlino, il bicchiere è mezzo pieno. Se lo guardiamo dagli Stati del Sud, è mezzo vuoto. Ma siamo sicuri che il problema sia l'euro?", obietta Gros. "L'Italia è da 20 anni che non cresce. Anche con un ministro del tesoro europeo cosa cambierebbe? Prima di parlare di più Europa dovremmo pensare a risolvere ciascuno i propri problemi nazionali". Appunto. Con tanti saluti a Ventotene.