Mercoledì 24 aprile 2024, ore 16:53

Legge di bilancio

E’ il tempo delle begonie, altro che Lavoro 4.0

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Le begonie sì, quelle potremo portarle in detrazione. Ma sui fondi per la formazione destinati al cosiddetto Lavoro 4.0, che dovrebbero affluire alle imprese attraverso un credito d’imposta ad hoc, meglio essere cauti, ha pensato il governo, non sia mai si violasse il mantra dell’equilibrio finanziario.

Il Sole 24 Ore scrive che tra ministero dell’Economia e ministero dello Sviluppo Economico è in corso una discussione per evitare il taglio o quanto meno per ridurne l’entità. Che, stando alle indiscrezioni, sarebbe tutt’altro che marginale: circa il 40% delle risorse previste inizialmente. Non basta. Sotto le forbici della Ragioneria dello Stato sarebbero finiti pure i Competence center, i centri di ricerca applicata che dovrebbero traghettare le nostre imprese nel mondo di Industria 4.0 (il condizionale è d’obbligo: il bando dopo un lungo girovagare nei meandri della burocrazia ora è al vaglio della Corte dei Conti, via libera previsto entro l’anno) e gli Its, gli istituti tecnici superiori.

Finisca come finisca, il caso si presta a qualche considerazione non proprio rassicurante sul rilievo che la politica assegna al lavoro ed alle politiche del lavoro (e pure alle begonie, di cui da domani, grazie al bonus verde, il contribuente potrà ornare giardini e terrazzi con sollievo del portafoglio). ”Premesso che le cose sono in movimento - commenta il direttore della Fondazione Adapt Francesco Seghezzi - per cui è doveroso attendere il risultato della trattativa tra Tesoro e Sviluppo Economico prima di esprimere un giudizio sul caso specifico, non è possibile non cogliere un dato: in una legge di bilancio di cui fin dal principio si è detto che aveva pochi spazi finanziari, il tema della formazione sembra relegato in secondo piano”. La ragione è piuttosto semplice: ”Si preferisce puntare su politiche di breve periodo, è più remunerativo sul piano del consenso. Ed è anche più facile. C’è poi un altro problema, per restare a Industria 4.0. Gli incentivi automatici come l’iperammortamento danno risultati che sono misurabili in termini quantitativi, cosa impossibile per gli incentivi alla formazione”. Dare spazio alla formazione, puntare sull’adeguamento ed il miglioramento delle competenze dei lavoratori, richiede un salto di qualità culturale. E come per ogni investimento di questo tipo il ritorno non può esserci che nel lungo periodo. Ma, e qui sta il punto secondo Seghezzi, il lungo periodo non è precisamente l’orizzonte cui hanno mirato gli ultimi governi. Il discorso scivola inevitabilmente sul bonus per le assunzioni dei giovani, uno dei provvedimenti qualificanti, forse il più qualificante, della manovra: ”Nel governo devono essersi accorti che i bonus varati in precedenza non hanno contribuito a risolvere il problema della disoccupazione giovanile”, quindi si è deciso, a prezzo di forzare la logica, ”di intervenire con un altro bonus”. ”Ma i bonus, lo dimostrano anche gli ultimi dati dell’Inps, producono risultati solo nel breve periodo, poi le cose tornano come prima, anche peggio di prima”. Il riferimento è ai dati comunicati ieri sui contratti a tempo indeterminato, che nei primi otto mesi del 2017 sono calati del 2,5% rispetto all’anno precedente. ”Certo sarebbe più efficace puntare su un percorso di riforma del mercato del lavoro in grado di promuovere l’incontro tra domanda e offerta, di gestire carriere e percorsi professionali sempre più frammentati. Non è detto che vada fatto per via legislativa, negli ultimi anni si è intervenuti già molte volte, anche troppe”. Lo strano caso della formazione 4.0, vale a dire il caso di un governo che taglia i fondi ad un progetto che lo stesso governo ha sempre detto di considerare fondamentale per agganciare l’industria italiana alla rivoluzione digitale, non è in fondo dissimile da quello dell’alternanza scuola - lavoro, al centro delle contestazioni studentesche della scorsa settimana. Il fatto che tanti, dalle loro cattedre mediatiche, si siano precipitati a dar manforte alla protesta, senza star troppo a distinguere tra i casi di oggettivo malfunzionamento della riforma ed il suo principio ispiratore, lo stesso del modello duale (duale ausbildung) tedesco, mostra che il problema culturale c’è e non riguarda solo la classe politica. ”E’ il tipico caso in cui si rischia di buttar via il bambino con l’acqua sporca - chiosa Seghezzi - Perché è evidente che vi sono delle difficoltà di applicazione, che alcune esperienze proposte ai ragazzi con l’alternanza scuola - lavoro hanno poco a che fare, ma è altrettanto evidente che manca una riflessione sui contenuti e sulle finalità dell’iniziativa”.

di Carlo D’Onofrio

( 20 ottobre 2017 )

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