La fusione Psa-Fca dà vita al quarto colosso mondiale dell’auto con quasi 10 milioni di veicoli prodotti, dopo Volkswagen, Renault-Nissan e Toyota. Un’operazione transnazionale e transcontinentale (Fca controlla l’almericana Chrysler, per esempio) che vale 50 miliardi di euro e che si porta dietro, com’è naturale che sia, una serie di complessità da rompicapo. A cominciare dai numerosi marchi - ben quattordici - da aggregare nella fusione. Quattordici marchi automobilistici, tanto per chiarire, sono più di quelli gestisce l’intero gruppo Volkswagen, il primo della classe per dimensione.
Come in ogni fusione bisognerà evitare i rischi di sovrapposizione per i prodotti e quelli legati all’identità e posizionamento dei marchi, allo scopo di azzeccare la giusta strategia di mercato. La novita, come detto in questi giorni , è la presenza nel board del nuovo gruppo automobilistico che nascerà di due rappresentanti dei lavoratori, uno per Psa e uno per Fca. Una svolta sul fronte della partecipazione in Italia, dove ancora non si sono fatti passi in avanti in questa direzione nonostante la pressione dei sindacati. Fim, Fiom e Uilm hanno inserito la richiesta di forme di rappresentanza dei lavoratori azionisti" anche nella piattaforma presentata per il rinnovo del contratto di lavoro. Un modello che è, invece, diffuso negli Stati Uniti e che in Europa ha forti radici in Germania.
"Con Fca credo che abbiamo davanti un’opportunità davvero straordinaria: far parte del grande gruppo europeo. Stiamo, infatti, costruendo davvero un competitor europeo importantissimo sui mercati internazionali", ha detto la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. "Tra l’altro- ha aggiunto - con una presenza sostanziale, anche addirittura di una parte dentro Fca che riguarda un altro continente: è così che si sta sui mercati".
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