Mercoledì 24 aprile 2024, ore 5:36

Banche

Good bank, si tratta con Bruxelles sui tempi, possibile nuovo slittamento

Si va verso un nuovo slittamento del termine per la vendita delle good bank nate dai salvataggi di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti. Fonti del ministero dell’Economia lasciano intendere che il confronto con la Commissione europea è a un punto avanzato. Con ogni probabilità, quindi, il Governo riuscirà ad ottenere un nuovo rinvio della scadenza del 30 settembre stabilita da Bruxelles. Si tratterà della seconda volta che si va ai supplementari. La prima proroga risale al 30 aprile. In quell’occasione è stata concessa perchè i tempi erano troppo stretti per portare a termine un’operazione complessa che era partita pochi mesi prima, a novembre. Stavolta, invece, un rinvio sarebbe necessario a definire meglio i negoziati in corso con gli istituti che hanno mostrato interesse per le good bank, ma che ancora non hanno formalizzato un’offerta. “Intorno al tavolo ci sono sia operatori italiani che stranieri - ha detto nei giorni scorsi il presidente delle quattro nuove banche, Roberto Nicastro - ma è già difficile vendere una banca in cinque mesi, figuriamoci quattro”.

Per la cessione delle good bank ci sono diversi tavoli aperti, con scenari che vanno dalla vendita in blocco dei quattro istituti alla cessione di solo alcuni di loro. Per esempio, la Popolare di Bari ha mostrato interesse per Carichieti. Per l’acquisto dell’intero pacchetto, invece, in corsa resterebbe uno dei due fondi esteri che già si era fatto avanti in estate. Ma tra le trattative più avanzate ci sarebbe quella con Ubi, interessata alle nuove Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti. In questo caso, però, Carife resterebbe senza pretendenti. Per questo istituto potrebbe allora entrare in campo il Fondo interbancario, attraverso lo schema volontario. “Riteniamo inopportune e pericolose - ha detto il segretario generale First Cisl, Giulio Romani - le indiscrezioni secondo cui, all’approssimarsi della scadenza per la cessione delle quattro cosiddette good bank, solo alcune di esse verrebbero vendute, lasciando intravedere per Carife una soluzione alquanto mortificante. Non consentiremo soluzioni che penalizzino i lavoratori di una qualsiasi delle banche oggetto di risoluzione”

Poi c'è la vocenda della Popolare di Vicenza., “Anzichè coltivare improbabili e illusorie ambizioni aggregative, il Signor Mion si preoccupi di risanare la Banca Popolare di Vicenza, ponendola al servizio del territorio e dell’occupazione”, ha precisato Giulio Romani, parlando sull’ipotesi di fusione con Veneto Banca che continua, “viste le reazioni della dirigenza pedemontana, assomiglia più ad un tentativo di opa ostile che ad un progetto di risanamento, come lo si vorrebbe far passare. Peccato, però, che per lanciare un’opa ostile occorra avere risorse che non ci sembrano essere nella disponibilità attuale di BPVI”. “Il reiterarsi di queste dichiarazioni rischia di destabilizzare il rapporto tra le due banche e i propri clienti: in particolare, si corre il rischio di creare scompiglio tra le imprese locali, preoccupate per l’inevitabile sovrapposizione degli affidamenti cui andrebbero incontro. Ci domandiamo a chi giovi tutto questo e soprattutto chi, nel caso, si farà carico dei danni prodotti. Leggendo alcune sue considerazioni - sottolinea Romani - verrebbe perfino da chiedersi se il Presidente Mion, stante la sua omonimia con una nota catena di supermercati veneti, non confonda il proprio ruolo: se sei l’unico punto vendita di alimentari di un quartiere, magari puoi fare affari, visto che commercializzi prodotti di largo consumo, ma una banca non funziona alla stessa maniera di un supermercato. Se questo non gli fosse chiaro, sappia che la differenziazione dell’offerta finanziaria è indispensabile per un’economia locale sana, come hanno dimostrato i molti anni di sviluppo e di crescita del sistema economico veneto, che il Signor Mion dovrebbe ben conoscere. Ricordiamo al Presidente che i dissesti delle due Popolari venete non sono dovuti alla loro coesistenza sul territorio, ma alla pessima e »personale« gestione di alcuni ex amministratori e che le fusioni non possono essere lo strumento per nascondere i propri deficit e tirare a campare un altro pò. I danni all’occupazione che un simile progetto produrrebbe sembrano non turbarlo minimamente, ma - conclude Romani - sia chiaro che non consentiremo che a pagare il conto delle malversazioni passate e delle improvvisazioni presenti siano i lavoratori e l’occupazione”.

( 26 settembre 2016 )

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