Giovedì 18 aprile 2024, ore 6:29

Rapporto Confindustria-Srm

Il Sud avanti adagio: -330 mila occupati da inizio crisi

Ripresa a piccoli passi per il Sud, che conferma il trend avviato nel 2015. Le stime del check-up Mezzogiorno, curato da Confindustria e Srm (centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo), attestano infatti il miglioramento delle prospettive dell'economia meridionale per il 2016, come evidenziato dai valori dell'indice sintetico dell'economia meridionale: per la prima volta dall'inizio della crisi, tutti e cinque gli indicatori utilizzati (Pil, export, occupazione, imprese e investimenti) fanno registrare valori positivi. Secondo le stime, dovrebbe proseguire nel 2016, sia pure più lentamente (+0,5%), la crescita del prodotto registrata nel 2015, quando il Pil era cresciuto nelle regioni meridionali più che nel resto del Paese (+1,1% contro lo 0,6% del Centro-Nord). Le previsioni per il 2017 (+0,7%) vedono proseguire questa moderata espansione. Migliora, la produttività del manifatturiero, anche in modo più consistente che al Centro-Nord: secondo le stime, il valore aggiunto per occupato registra, nel 2015, un aumento del 3,5% (+2,2% al Centro-Nord). Uno dei principali segnali di risveglio dell'economia meridionale viene dunque dall'impresa manifatturiera: ancora poco per colmare i divari ulteriormente ampliatisi con la crisi, ma certamente uno scenario ben diverso dalla temuta desertificazione industriale del Sud.

Per la prima volta dall'inizio della crisi, torna positivo il fatturato anche delle imprese classificate come piccole (+0,6 nel 2015 rispetto all'anno precedente): e cresce, anche se su numeri contenuti, anche il fatturato delle imprese a partecipazione estera, a conferma del potenziale di attrattività dei territori meridionali.

Segnali positivi per il manifatturiero sono confermati dall'andamento dell'export: nei primi nove mesi del 2016 è stato pari a 29,7 miliardi di euro. Tornano a crescere, ma ancora con estrema lentezza, anche gli investimenti in linea con quelli del resto del Paese (+0,8%): soprattutto, ciò avviene nell'anno (2015) in cui più basso è stato il volume di agevolazioni concesse (860 milioni di euro) e di agevolazioni erogate al Sud (meno di 1,3 miliardi di euro).

Continua, ma anch'esso a passo lento, il miglioramento dell'occupazione. Rispetto al III trimestre dell'anno precedente, poco meno di metà dei nuovi posti di lavoro creati si riferisce al Mezzogiorno (111 mila): viene così superata la soglia psicologica dei 6 milioni di occupati, ma il tasso di occupazione al Sud resta pari al 44%, con un ritmo ancora largamente insufficiente a recuperare gli effetti della crisi. L'utilizzo degli strumenti di sostegno al reddito si è stabilizzato ai livelli pre-crisi, ma resta ancora elevata la disoccupazione (18,6%), soprattutto quella femminile (20,7%), e ancor di più quella giovanile (47,4%). Preoccupa soprattutto la frenata registrata nei mesi più recenti: nel III trimestre l'occupazione meridionale torna, infatti, a calare dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Bene dunque la riproposizione di una misura di sgravio per le assunzioni a tempo indeterminato nel 2017, per rafforzare queste tendenze e migliorare il clima di fiducia, che segna anch'esso un lieve rallentamento rispetto ad un anno fa.

Migliora, ma non per tutti, l'accesso al credito, con significative difformità a seconda dei territori e delle tipologie di imprese: salgono, infatti, gli impieghi (+0,7%), soprattutto verso le famiglie, mentre variano in maniera non uniforme per territorio gli impieghi verso le imprese, anche per effetto dell'andamento delle sofferenze, che hanno superato i 40 miliardi di euro.

Il profilo del Mezzogiorno alla fine del 2016 è dunque quello di un'area tornata timidamente alla crescita, ma nella quale il ritmo con cui tali segnali si affermano ne rendono solo parzialmente percepibile la consistenza, sia presso i cittadini (soprattutto i più giovani), sia presso le stesse imprese. La lentezza con la quale i valori perduti con la crisi vengono recuperati si conferma decisiva: sono ancora 330mila gli occupati in meno rispetto al 2007, mentre il rischio di povertà è talmente elevato (soprattutto tra i giovani: il 46,8% dei giovani tra i 20 e 29 anni è considerato a rischio) che tornano a crescere anche le persone che rinunciano alle cure (13,2%, ben più della media nazionale), e si ferma la crescita dei giovani che decidono di proseguire gli studi.

Una robusta accelerazione dei processi di crescita, già a partire dai primi mesi del 2017, è dunque urgente e decisiva, e deve avere al centro l'impresa meridionale. Il 2017 è infatti un anno chiave, per far attecchire anche al Sud la rivoluzione di Industria 4.0; per far decollare la nuova programmazione 2014-20 dei Fondi strutturali, l'attuazione dei Piani attuativi del Masterplan e i connessi investimenti pubblici e privati; per riaprire verso l'economia meridionale i rubinetti del credito e della finanza; per irrobustire gli strumenti esistenti, a partire dal credito d'imposta per gli investimenti; per dare al Sud e dunque all'intero Paese una politica economica unica, che veda Governo, Regioni e tutti gli attori istituzionali, economici e sociali adottare la competitività delle imprese meridionali come propria stella polare.

Solo una politica così concepita è in grado di far tornare la fiducia tra le imprese e i cittadini meridionali, soprattutto quelli più giovani, che più di tutti attendono tale cambio di passo. Soprattutto al Sud, la crescita è, infatti, la precondizione per combattere disuguaglianze e povertà.

( 27 dicembre 2016 )

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