Sulla Tav si consuma uno scontro pericoloso per il governo (oltre che per il Paese). Il Movimento Cinque Stelle - dopo aver dovuto chinare il capo sul Tap - teme i contraccolpi elettorali del proseguimento dei lavori. Matteo Slavini - già alle prese con la furia degli imprenditori veneti per il decreto dignità - non può abbracciare la linea grillina, il no alle grandi opere, il mito della decrescita felice. Così mentre il ministro Toninelli annuncia di voler modificare l’opera, per poi tornare repentinamente sulle posizioni no Tav, Matteo Salvini dichiara che “occorre andare avanti e non tornare indietro”. Si chiede Salvini: “Costa di più bloccarla che proseguirla?”. Questo è il ragionamento che il ministro chiede di seguire su tutto: Tav, Tap, Pedemontana, Terzo Valico. Un modo per chiudere molte partite: basti pensare ai costi insostenibile per un eventuale stop al Tap (vedi box). Su questa linea il ministro dell’Interno ha dalla sua, come ricorda, anche il contratto di governo. Sulla Tav, dunque, i Cinque Stelle sono in difficoltà. L’idea, per ora, sembra quella di prendere tempo. Si fa sapere che il ministro delle Infrastrutture, Toninelli, è impegnato in una valutazione costi-benefici che poi sarà sottoposta e condivisa con presidente del Consiglio e governo. Le stesse fonti aggiungono che “la soluzione sarà in linea con quella contenuta nel contratto di governo” che prevede l’impegno a ridiscutere il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia.
L’analisi costi-benefici, tuttavia, non è di difficile ricostruzione. La Tav - e i suoi numeri - sono al centro di uno scontro pluriennale e di un dibattito accesissimo. Se l'Italia decidesse di non realizzare più la Tav andrebbe incontro a una multa da 2 miliardi e metterebbe a rischio 4 mila posti di lavoro. I soldi spesi finora andrebbero persi. Non solo. La Ue potrebbe bloccare per cinque anni tutti i finanziamenti per le infrastrutture. Finire l’opera dovrebbe costare 3miliardi.
L’idea di bloccare l’opera non trova consensi al di fuori dei Cinque Stelle e dei comitati No Tav. “Fermare tutto - scrivono in una nota congiunta, Vito Panzarella, Franco Turri e Alessandro Genovesi, segretari generali di Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil - sarebbe sbagliato. Il Paese ha bisogno di grandi infrastrutture”. L'alta velocità-alta capacità, aggiungono i sindacalisti, “così come il passaggio da gomma a ferro o ai corridoi del mare, sono una sfida fondamentale per un Paese che muove ancora il 90% delle merci con un inquinante e costoso trasporto su tir”. La connessione con i grandi corridoi europei, sottolineano ancora, “è parte indissolubile del rilancio delle nostre aziende manifatturiere e non solo e per rompere l'isolamento delle aree interne”.
Stessa linea da parte della Cisl confederale. “Il Governo deve valutare attentamente i costi economici e sociali di un eventuale stop alla Tav - avverte Annamaria Furlan -, ascoltando tutte le rappresentanze economiche e sociali, prima di assumere decisioni inopportune e affrettate che possono avere ripercussioni negative per le tasche dei cittadini e per la vita di migliaia di lavoratori”.
“Sulle grandi opere infrastrutturali si gioca una parte importante dello sviluppo economico nei prossimi anni - aggiunge Furlan -. Sarebbe una sciagura pagare miliardi di euro di penali e mettere a rischio migliaia di posti di lavoro e la sussistenza di tante famiglie, per arrestare un progetto infrastrutturale che è già in fase avanzata da alcuni anni anche in Francia. Fermare la costruzione della Tav significherebbe solo dimostrare di non essere un paese serio ed affidabile sul piano europeo e degli accordi internazionali. Ci chiediamo come sia possibile bloccare un’opera che contestualizza la presenza Italiana nell’importante corridoio europeo e che apre a nuovi scambi commerciali, superando oltre gli steccati che sempre più alti si vanno ricostituendo in Europa”.