Meno sei. Infatti proprio tra sei giorni, entro il 13 novembre il governo dovrà dare una risposta alla Commissione: o modifica il progetto di bilancio, cioè riduce il livello del deficit/pil in termini nominali assicurando almeno un minimo aggiustamento dei conti in termini strutturali o tira dritto.. Per quanto in queste ore la parola d'ordine a Roma e a Bruxelles sia "negoziare", non appare chiaro su che cosa si stia discutendo visto che il governo continua a insistere che la manovra non si cambia. Né la posizione europea si è ammorbidita. "Ci aspettiamo dal governo italiano una risposta forte e precisa", ribadisce il commissario Moscovici. Esclusi aggiramenti come quello di confermare il saldo di deficit/pil nominale al 2,4% spergiurando che nella realtà il risultato potrebbe essere inferiore. Non aggiunge molto anche la posizione del premier Conte, che ha ricordato come in caso di crescita inferiore alle stime scatterebbero tagli di spesa automatici.
D'altronde i dati economici parlano chiaro. La crescita dell’economia statunitense procede a ritmi più sostenuti di quelli dell’area euro. In Italia, il Pil nel terzo trimestre ha segnato una variazione congiunturale nulla interrompendo la fase costantemente espansiva iniziata nei primi tre mesi del 2015. Sia le componenti interne della domanda (al lordo delle scorte) sia le esportazioni nette hanno fornito un contributo pari a zero. Pur segnando a settembre un marginale peggioramento, nella media del terzo trimestre è aumentato il tasso di occupazione e si è ridotta la disoccupazione. A ottobre è ripreso l’aumento dei prezzi al consumo e, rispetto agli altri paesi dell’area euro, il divario inflazionistico a nostro favore si è leggermente ridimensionato. Nello stesso mese, l’indicatore anticipatore ha evidenziato un’ulteriore flessione, segnalando la persistenza di una fase di debolezza del ciclo economico.
Anche ieri la legge di Bilancio italiana è stata protagonista in Europa, alla seconda giornata di incontri tra i ministri dell'Economia dell'Unione dopo i molteplici richiami arrivati alla vigilia dall'Eurogruppo. Il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, tiene il punto nella difficile partita tra Roma e Bruxelles sulla richiesta della Commissione di modificare la manovra e di dare risposte sulla mancata riduzione del debito. "Il dialogo ci sarà in ogni fase, discutiamo quasi quotidianamente con il ministro Giovanni Tria e continueremo a farlo", ma "il 13 novembre ci aspettiamo una risposta forte e precisa del governo italiano", ha detto arrivando alla riunione. Se alla fine di questo percorso, da Roma non ci saranno passi, "le sanzioni possono essere applicate alla fine se non troviamo un accordo nel quadro delle regole comuni".
Moscovici ha ribadito: "Non sarò mai in favore delle sanzioni" perchè sarebbero "un fallimento per il paese e per le regole", aggiungendo di volere "dialogo" con l'Italia e di aspettarsi che il governo presenti un documento programmatico di bilancio rivisto. Il ministro francese e il suo staff hanno confermato alla delegazione italiana che in assenza di novità il 21 novembre Bruxelles lancerà la procedura che il 22 gennaio sarà operativa con il voto dei ministri europei. Inoltre hanno confermato che la Ue potrebbe chiedere il rispetto della regola del debito, ovvero manovre correttive da 60 miliardi all'anno, ma che per non devastare l'Italia sceglierà vincoli meno pesanti, come il raggiungimento del pareggio di bilancio, in un percorso almeno di 5 anni. Ma non sarebbe un compito leggero, visto che il governo già nel primo semestre del 2019, in piena campagna elettorale, dovrebbe mettere mano a una manovra bis da almeno 18 miliardi di euro, se non superiore, per centrare quell'1,6% di deficit concordato a settembre. Una correzione che ovviamente Tria, ma tutto il governo Lega-M5s, vorrebbe evitare in vista del voto di maggio sulle europee.
Prlando della manovra, in termini più reali, "il Rei e' assolutamente importante, infatti noi nella piattaforma Cgil-Cisl-Uil abbiamo chiesto al governo di potenziarlo", ha sostenuto la segretaria generale Cisl, Annamaria Furlan. " Solo una parte dei poveri ha potuto avere accesso a questo importante sostegno". Per lasSegretaria generale della Cisl "altra questione è il reddito di cittadinanza per tutti i disoccupati, in particolare per i giovani, come elemento di traino verso il lavoro ma questo e' ancora tutto da definire. Il vero nodo da sciogliere rimane questo ma una cosa va detta: il lavoro si può distribuire solo quando c'è. E noi abbiamo una parte del Paese, soprattutto al sud, dove prima che pensare a distribuirlo bisogna crearlo il lavoro" prosegue Furlan sollecitando ancora una volta "forti investimenti in infrastrutture ricerca e innovazione, quello di cui ha bisogno il Paese per crescere. Più finanziamenti infrastrutturali e lo sblocco delle tante risorse che sono ancora da spendere".
La manovra -ha aggiunto Furlan- e' "assolutamente carente sui temi veri del Paese, cioe' la crescita e lo sviluppo. Le infrastrutture sono bloccate e bisogna sbloccare tanti finanziamenti che ci sono, abbiamo da spendere oltre oltre 25 miliardi. Occorre potenziare la ricerca, l'innovazione, investire in industria 4.0 e nel rafforzamento dell'alternanza scuola-lavoro che invece e' stata tagliata". Secondo Furlan dagli ultimi dati sull'occupazione emergono le conseguenze del decreto dignita' "E' evidentente - ha detto - che ci siano dei problemi, lo denunciano le stesse imprese: il tema non e' abbassare il numero di proroghe, che e' davvero eccessivo, ma intervenire sulle causali; sarebbe molto meglio affidarle alla contrattazione in particolare a quella aziendale".