Nel secondo trimestre il Pil italiano è cresciuto dello 0,15% contro lo 0,25% stimato e sarà "non molto più vivace anche nel terzo". Lo afferma il Centro Studi di Confindustria nell'ultima congiuntura flash. "All'incertezza derivante dalla Brexit si sommano le difficoltà del sistema bancario (non solo in Italia - sottolinea il Csc - Fattori che accrescono i rischi al ribasso per l'andamento dell'economia italiana".
La risalita della produzione industriale, "già molto disomogenea tra settori e quindi poco solida, ha subito una nuova battuta d'arresto nel secondo trimestre e, di conseguenza, costringe a rivedere all'ingiù le stime di variazione del Pil", scrive il Csc. La produzione, si legge nel documento del centro studi, cala nel secondo trimestre (-0,1% da +0,5% nel primo), nonostante il rimbalzo in giugno (+0,5% su maggio, stima CSC) e le attese non anticipano un'accelerazione (saldo dei giudizi a 9,3 da 9,7); L'attività nelle costruzioni è molto debole. L'export è in recupero mentre l'aumento della domanda interna si sta infiacchendo a causa dei consumi, con gli investimenti che invece tengono il passo. Sui consumi, in particolare, Viale dell'Astronomia nota che l'indicatore ICC in volume è salito dello 0,3% in aprile-maggio sul primo trimestre e le immatricolazioni di auto del 2,0% nel secondo trimestre sul primo. Le prospettive "sono, però, incerte. L'andamento debole dei prezzi (-0,4% annuo a giugno; +0,4% l'indice core) sostiene il reddito reale delle famiglie, ma il saldo dei giudizi sugli ordini interni dei produttori di beni di consumo è sceso a -16,3 nel secondo trimestre (da -14,0 nel primo). Il terzo calo consecutivo della fiducia dei consumatori preannuncia maggiore prudenza nella spesa: in giugno -2,3 punti a 110,2 (-3,6 punti nel secondo sul primo)".
In dettaglio, in giugno il PMI Markit composito (pre-Brexit) per l’Italia segnala espansione dell’attività a un ritmo più veloce di quello rilevato in maggio (+1,8 punti, a 52,6); tuttavia, l’indice nel 2° trimestre è inferiore a quello medio del 1° (52,2 da 53,4). Il PMI manifatturiero segnala accelerazione (+1,1 punti a 53,5) grazie alla più forte crescita di produzione, ordini ed esportazioni.
Anche nei servizi l’attività è avanzata più delle attese, dopo la stagnazione rilevata in maggio (51,9 da 49,8); dinamica mensile più robusta anche per i nuovi ordini. Le esportazioni italiane sono diminuite, a prezzi costanti, dello 0,4% in maggio su aprile (stime CSC). Nell’ultimo bimestre hanno registrato, comunque, un incremento del 2,4% sul primo trimestre, grazie a maggiori vendite sia nei paesi Ue (+2,0%) sia in quelli extra-UE (+3,0%). In aumento anche l’export della Germania (+1,2% nel bimestre) e, marginalmente, quello della Francia (+0,2%).
Gli indicatori qualitativi sugli ordini esteri del manifatturiero italiano in giugno, che non registrano ancora le ripercussioni negative della Brexit, indicano prospettive in miglioramento per i mesi estivi: a 54,6 la componente PMI (+2,6 punti su maggio) e a -17 il saldo dei giudizi delle imprese (+1 punto).
In risalita, ma ancora deboli, gli indicatori degli scambi globali: +1,0 punti la componente ordini esteri del PMI in giugno (a 49,9, sotto la soglia neutrale di 50 per il 5o mese consecutivo) e in aumento in luglio, ma su valori bassi, il Baltic index, che misura il costo dei noli navali per le materie prime.
L’incertezza politica è il tratto distintivo e dominante dell’attuale scenario economico internazionale. Nuovi attacchi terroristici e cruciali appuntamenti elettorali dagli esiti in bilico e dalle conseguenze potenzialmente dirompenti rendono ancora più fragile la crescita globale. La quale a metà del 2016 risulta essere la più debole degli ultimi tre anni e mezzo, nonostante si siano registrati progressi in USA e in alcuni dei principali emergenti. La locomotiva americana ha accelerato nel corso del secondo trimestre, anche grazie al settore manifatturiero che aveva finora molto risentito della rivalutazione del dollaro e del crollo degli investimenti nell’estrazione di petrolio. In Cina le misure espansive hanno stabilizzato il ritmo di sviluppo, fisiologicamente rallentato; la Russia sta uscendo dalla recessione, che in Brasile si sta attenuando. L’Eurozona ha marciato a ritmo costantemente discreto nei passati sei mesi; tuttavia, le attese forti ripercussioni della Brexit hanno spinto a ribassare le previsioni per il resto dell’anno in corso e soprattutto per il prossimo.
L’unico contrasto alle spinte recessive che promanano dal Regno Unito (dove è rapidamente entrato in crisi il settore immobiliare) e che si diramano anzitutto attraverso il canale finanziario (in particolare il credito delle banche, oggetto di larghe vendite in Borsa) è costituito dalle politiche monetarie ultra-espansive che, benché ritenute sempre meno efficaci, sono riuscite a far scendere ancora i tassi di interesse a lungo termine. La svalutazione della sterlina ha ingenerato nuova instabilità valutaria. In Italia la risalita della produzione industriale, già molto disomogenea tra settori e quindi poco solida, ha subito una nuova battuta d’arresto nel secondo trimestre e, di conseguenza, costringe a rivedere all’ingiù le stime di variazione del Pil.
L’export è in recupero mentre l’aumento della domanda interna si sta infiacchendo a causa dei consumi, con gli investimenti che invece tengono il passo. Nel mercato del lavoro l’aumento dell’occupazione ora non riguarda più solo le forme contrattuali incentivate: un segnale importante di consolidamento dei progressi avviati ormai da oltre due anni.
IN ALLEGATO: CONGIUNTURA flash