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Def

Premi di produttività: Governo rilancia sulla decontribuzione

Una idea sta tornando di attualità tra i tecnici di palazzo Chigi in vista della predisposizione del Def di april: nei premi di produttività potrebbe essere ripristinata la decontribuzione a favore delle imprese, per rendere ancora più appetibili le erogazioni di risultato collegate alla contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale), e tentare, anche, di incentivare il coinvolgimento paritetico dei dipendenti nell’organizzazione del lavoro.

Parallelamente il governo è al lavoro su alcune misure per le zone terremotate da inserire nella manovra o in un provvedimento contestuale ad essa. Secondo quanto si apprende, si tratterebbe in particolare di alcune misure sotto forma di incentivi fiscali anche se non si tratterebbe in senso stretto di zone franche no tax come richiesto da alcuni sindaci e industriali.

In verità, l’ipotesi di reintrodurre lo sgravio contributivo per le aziende con l’obiettivo di favorire la diffusione dei comitati paritetici era stata oggetto di primi approfondimenti lo scorso autunno con l’intenzione di tradurla, poi, in un comma da inserire nella legge di Bilancio 2017.

Ma la fine anticipata dell’esecutivo Renzi e la “blindatura” della manovra (approvata in fretta e furia dal Senato il 7 dicembre senza ulteriori modifiche al testo trasmesso dalla Camera) avevano poi lasciato cadere l’intervento. Che adesso tornerebbe di attualità all’interno di un pacchetto mirato di proposte per la crescita (dalla norma “acchiappa fondi di investimento”, al rilancio delle cartolarizzazioni, al via libera a nuove opere Anas). Resta il nodo delle risorse ma questa è una partita che riguarda tutto il Def.

Oggi le disposizioni in vigore dal 1° gennaio prevedono un tetto di 3 mila euro per i premi di risultato che beneficiano della detassazione al 10% (si sale a 4mila euro in caso di coinvolgimento dei lavoratori) per redditi fino a 80mila euro (rispetto al 2016 si intercettano così non solo operai e impiegati, ma anche quadri e dirigenti non apicali). In base all’attuale formulazione, però, se l’azienda, per esempio, decide di erogare 3 mila euro di premio di produttività ai propri dipendenti l’incentivo fiscale spetta solo a questi ultimi che trovano applicata la cedolare secca al 10% su tali somme. L’idea dell’esecutivo è estendere il vantaggio anche ai datori, che potranno cioè beneficiare di una decontribuzione ad hoc (ai tempi della manovra 2017 si ipotizzava di concedere il bonus su importi fino a mille euro).

Da notare che la legge finanziaria nel 2008 aveva introdotto un fondo da 650 milioni annui per assicurare lo sgravio contributivo al datore di lavoro sulle erogazioni previste dalla contrattazione di secondo livello; ma dopo alcuni anni di operatività, il fondo venne ripetutamente saccheggiato essenzialmente per ri-finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga, e si è esaurito dal 2015.

Il punto è che ”la nuova normativa sui premi di produttività reintrodotta dal governo Renzi sta funzionando piuttosto bene – ha evidenziato Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi –. Vogliamo, perciò, proseguire su questa strada, provando a dare uno stimolo in più e riconoscendo un vantaggio anche alle imprese”.

Del resto, gli ultimi dati resi noti dal ministero del Lavoro parlano di oltre 20mila (20.003, per la precisione) contratti aziendali e territoriali che prevedono premi di risultato depositati al 13 marzo, in crescita costante di mese in mese (di questi 20.003 contratti inoltrati, ben 15.583 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 11.693 di redditività, 8.091 di qualità; quanto alle singole misure, 2.147 prevedono piani di partecipazione, 4.317 misure di welfare aziendale).

( 27 marzo 2017 )

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