Il rapporto Deficit/Pil nel primo trimestre dell'anno è sceso al 4,7%, segnando un miglioramento tendenziale dello 0,5%. secondo l’Istat, si tratta del valore più basso dal 2000. Il potere d'acquisto delle famiglie è cresciuto dell'1,1% su base trimestrale e del 2,3% su base annua,il rialzo maggiore dal secondo trimestre 2007. L'Istat rileva inoltre che la pressione fiscale è stata pari al 38,9%, in calo dello 0,2% tendenziale. I consumi delle famiglie sono fermi su base congiunturale, mentre segnano +1,6% tendenziale.
In dettaglio, il potere d'acquisto delle famiglie è aumentato dell'1,1% nel primo trimestre del 2016 rispetto al precedente trimestre. L'Istat spiega che sull'aumento si riflette anche la dinamica dei prezzi: il "deflatore implicito dei consumi delle famiglie è sceso in termini congiunturali dello 0,3%", ricorda l'Istituto. Su base annua la capacità di spesa sale del 2,3%, il rialzo maggiore dal secondo trimestre del 2007, ovvero prima del deflagrare della crisi.
La spesa per consumi finali delle famiglie nel primo trimestre del 2016 è rimasta ferma a livello congiunturale mentre è cresciuta dell'1,6% su base annua.
Altro dato importante: nel primo trimestre del 2016 la pressione fiscale è stata pari al 38,9%, segnando una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Ma anche il deficit-Pil dell'Italia nel primo trimestre del 2016 scende al 4,7%, "in miglioramento" di 0,5 punti percentuali su base annua. Dalle tabelle dell'Istituto risulta essere il valore più basso, in base a confronti tendenziali (gli unici possibili), dal 2000, quando si attestò al -3,0%.
La propensione al risparmio delle famiglie, ovvero il rapporto tra quanto messo da parte e il reddito disponibile (al lordo), nel primo trimestre 2016 risulta all'8,8%, con rialzi di 0,8 punti percentuali sul trimestre precedente e di 0,7 punti su base annua. Lo rileva l'Istat. "L'aumento congiunturale della propensione al risparmio deriva da una crescita del reddito disponibile delle famiglie consumatrici (0,8%) a cui ha corrisposto una stabilità della spesa per consumi finali", spiega l'Istituto di statistica.