Martedì 23 aprile 2024, ore 22:20

Pubblico Impiego

Sindacati: legge di stabilità per fare reale investimenti e ridare chances al Paese

“Dalla nota di aggiornamento del Def, che sta per approdare in Parlamento, non emergono ancora numeri specifici rispetto ai vari interventi che devono essere affrontati in sede di Legge di stabilità e nessun elemento concreto è dato riscontrare in merito alle risorse per il rinnovo dei contratti del Pubblico Impiego. Non è positivo - commentano Serena Sorrentino, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco - Segretari Generali di Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl Uil-Pa - che il Governo, alla vigilia dell’emanazione dell’atto di indirizzo all’Aran e della ripresa del confronto con le Organizzazioni Sindacali, abbia glissato sull’argomento, sul quale non è stata fornita alcuna anticipazione.”

“Si parla di grandi investimenti e di riforme strutturali le quali, a parte qualche annuncio roboante sulle grandi opere, sono ancora avvolte da un alone di mistero. Il nostro Paese - aggiungono i quattro segretari generali- deve ripartire e sul contratto dei dipendenti pubblici bisogna cambiare la prospettiva: non deve essere considerato un costo a carico della collettività ma un vero investimento per il rilancio dei consumi e dell’economia, sul quale si deve scommettere per dare nuove chances alla ripresa”. “Il contratto è un diritto dei lavoratori che va reso esigibile, lo ha sancito anche la Corte Costituzionale più di un anno fa e, dopo sette anni di blocco retributivo, è questione indifferibile. Auspichiamo, che la Legge di Stabilità non si traduca in una guerra tra priorità ma che la stessa venga utilizzata come lo strumento attraverso il quale assicurare misure che abbiano la potenzialità di recare beneficio non soltanto ai diretti destinatari ma a tutto il Paese. Ovviamente – concludono Serena Sorrentino, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco - il rinnovo dei contratti del Pubblico Impiego è tra questo tipo di interventi, una vera scelta di politica economica capace di dare giustizia alle lavoratrici e ai lavoratori pubblici dopo 7 anni di blocco e di rilanciare l'economia del paese".

Tornando alle decisioni del Governo, la crescita c'è, anche se minore del previsto, e sarà 'spinta' dalle misure che il governo ha in cantiere con la prossima manovra. E il deficit continuerà a scendere toccando il punto più basso dal 2007. Almeno quello che l'esecutivo ha scritto al momento nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza perché "coerentemente con le regole Ue", come ha chiarito il premier Matteo Renzi, l'esecutivo chiederà uno spazio fuori dal Patto di Stabilità fino a 0,4 punti (circa 6 miliardi) legati alle "circostanze eccezionali" che il Paese ha affrontato sul fronte dei migranti e a causa del sisma del Centro Italia.

"La sintesi è: il deficit va giù, il Pil va su - ha detto Renzi - tutti e due con una traiettoria meno ampia di come avremmo voluto ma entrambi continuano ad andare nella giusta direzione". Il clima, in una riunione iniziata in tarda serata con oltre un'ora di ritardo è meno effervescente del passato, quando le aspettative di crescita erano ben più ottimistiche. Il premier scherza - "oggi è San Prudenzio, ha vinto la linea Padoan" - ma sia il presidente del Consiglio che il ministro dell'Economia ammettono una certa insoddisfazione. I numeri, fissati con l'aggiornamento del Def, indicano una crescita ferma allo 0,8% per quest'anno (dall'1,2 previsto in aprile) e che però potrebbe raggiungere la soglia 'psicologica' dell'1% nel 2017 "con un guadagno non irrilevante", come ha sottolineato Padoan, grazie alla spinta agli investimenti e alle misure sul sociale che arriveranno con la prossima legge di Bilancio. La revisione della crescita porta a una revisione anche del target di deficit, che nel 2016 salirà al 2,4% (rispetto al 2,3%) e che l'anno prossimo si attesterà al 2% (rispetto all'1,8%). Un livello apparentemente basso rispetto alle cifre circolate fino alla vigilia, ma che potrà lievitare di 4 decimi di punto con l'autorizzazione del Parlamento e, ma questa è tutta da verificare, anche di Bruxelles.

Non a caso Renzi ha parlato di un "massimo" di 0,4 punti e dalla commissione avevano fatto sapere che c'era un orientamento favorevole a concedere sì nuovi margini ma fino al 2,3%. Si tratterà comunque di utilizzare, come ha puntualizzato il premier, non la flessibilità prevista dalla comunicazione Juncker ma le circostanze eccezionali previste dai Trattati. Margini che comunque saranno essenziali per comporre la prossima manovra con cui saranno "scongiurati" aumenti di tasse legate alle clausole di salvaguardia, come ha confermato Padoan e che vedrà "un aumento" della spesa sanitaria, come ha garantito il premier pur non entrando nel dettaglio delle cifre. Nel suo giudizio Bruxelles sarà del resto influenzata anche dalla gestione del debito: contravvenendo agli impegni presi in aprile, nel 2016 il rapporto con il Pil salirà - anziché scendere - fino al 132,8% per poi intraprendere la strada della discesa solo dal 2017 (quando si dovrebbe attestare al 132,2%). "Il debito/Pil non scende, lo ammetto io" ha detto il titolare di via XX settembre, sottolineando però che la dinamica consentirà di mantenere fissato per il 2019 il pareggio, quindi con uno sforzo maggiore spostato sul prossimo biennio. D'altronde, il programma di privatizzazioni ha subito uno stop ma solo per evitare di "svendere" in condizioni di mercato di estrema volatilità.

( 29 settembre 2016 )

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