Mercoledì 24 aprile 2024, ore 10:10

Salari 

Uil, effetto pandemia sulla contrattazione di II livello 

La pandemia ha cambiato volto alla contrattazione aziendale. Nel biennio 2020-2021 si registra, nei contratti di II livello, un prevalente aumento solo dell'area tematica ”organizzazione del lavoro e degli orari”, passata dall’essere negoziata nel 62% dei contratti presenti nella banca dati Uil, al 68% nel biennio 20-21. Tutte le altre aree tematiche hanno visto importanti contrazioni: il ”salario di produttività”, per esempio era presente nel 62% dei contratti, ed è diminuito al 17%; le ”relazioni industriali” dal 48,5% al 20,6%; la ”formazione e professionalità” si è abbassata dal 35% al 22%; gli ”istituti economici” si sono ridotti di un terzo dal 30 al 9%; il ”mercato del lavoro” dal 19% all'8,2%; la tematica degli ”appalti” è ampiamente trascurata nei contratti del biennio 20-21 passando dall'11% al 3%; la clausola "ambiente, salute e sicurezza" è calata dal 26% al 15%. È quanto emerge da uno studio della Uil che fotografa l’attuale situazione della contrattazione decentrata in Italia. L'analisi del sindacato ha preso in esame 510 contratti collettivi aziendali stipulati da 9 categorie della Uil e riferiti a 25 Ccnl. Due, a giudizio della Uil, le grandi sfide che si aprono: estendere la contrattazione di II livello e qualificarla ancora di più affrontando e vincendo i grandi temi dell'innovazione e della partecipazione. In occasione della diffusione del report, la Uil ha poi lanciato un ”grave allarme” sulla tenuta di valore reale delle retribuzioni. La gran parte dei rinnovi contrattuali conclusi negli ultimi anni ”rischiano, quindi, di veder vanificato il proprio tentativo di incrementare i salari”. E se l'inflazione divenisse strutturale, la Contrattazione Collettiva avrebbe la necessità urgente di adeguarsi al mutato scenario internazionale. Anche perché una dinamica stagnante delle retribuzioni si ripercuoterebbe negativamente sulla domanda. Per il primo livello di contrattazione ”diviene, quindi, necessario ridiscutere e aggiornare quanto stabilito nel Patto della Fabbrica del 9 marzo 2018, poiché l'Ipca depurato dai prodotti energetici, in questa fase, non é più un parametro efficace a proteggere il potere d'acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici”.
Sottolinea il segretario generale Bomabardieri: ”La parola d'ordine è rinnovare i contratti per quegli 8 milioni di lavoratori in attesa da oltre 7 anni. E per incentivare la contrattazione una leva potrebbe essere quella di detassare gli aumenti salariali sul primo livello e di azzerare il peso del fisco sui premi di risultato”. Inoltre ”serve allargare la discussione sulla produttività delle aziende e sulla produttività di contesto”.
Da parte sua, il leader della Cgil Landini osserva che la contrattazione aziendale ”non copre più del 20/30% dei lavoratori italiani perché ci sono molte piccole e piccolissime imprese”. A giudizio di Landini ”di fronte alla diminuzione dei salari e all’aumento della precarietà che non uguali in Europa, il salario minimo serve e bisogna garantire ai lavoratori tutti i diritti previsti dai contratti”.
Di diverso avviso il segretario generale della Cisl Sbarra, che sottolinea: ”La via non è quella di un intervento unilaterale da parte del legislatore, non quella di automatismi salariali che genererebbero nuova inflazione con una esiziale rincorsa tra salari e prezzi. Né quella di un salario minimo che non tenga conto delle retribuzioni applicate nei contratti maggiormente rappresentativi in ogni settore”. Invece ”bisogna elevare i redditi da lavoro e pensione oltre l’inflazione ed in modo strutturale. E per farlo non c'è che una strada: crescere di più e riallocare la ricchezza, attraverso un grande accordo di responsabilità nel solco del metodo Ciampi del 1993. Per Sbarra inoltre ”"non servono leggi sulla rappresentanza, ma il riconoscimento e la valorizzazione di contratti che vanno rinnovati ed innovati, estesi soprattutto nel secondo livello, specialmente al Sud e tra le piccole e medie imprese. Contratti i cui frutti vanno coraggiosamente detassati, per stimolare accordi di produttività e welfare negoziato”.
Giampiero Guadagni

( 3 giugno 2022 )

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