Venerdì 19 aprile 2024, ore 2:53

Economia 

Vuoto di fiducia 

Peggiora il clima di fiducia di consumatori e imprese. Per il mese di marzo l’Istat stima una decisa diminuzione dell'indice del clima di fiducia dei consumatori che passa da 112,4 a 100,8. L’'indice scende ”marcatamente” raggiungendo il valore più basso da gennaio 2021. Flessione più contenuta, invece, per l'indice composito del clima di fiducia delle imprese che passa da 107,9 a 105,4. Tutte le componenti dell'indice di fiducia dei consumatori sono in calo seppur con intensità diverse. In particolare, il clima economico e quello futuro cadono, rispettivamente, da 129,4 a 98,2 e da 116,6 a 93,5; il clima personale scende da 106,8 a 101,7 e quello corrente cala da 109,6 a 105,7. Quanto alle imprese, tutti i comparti indagati registrano una diminuzione dell’indice di fiducia ad eccezione di quello delle costruzioni. Più in dettaglio, l’indice di fiducia diminuisce nel comparto manifatturiero (da 112,9 a 110,3), nei servizi di mercato (da 100,4 a 99,0) e nel commercio al dettaglio (da 104,5 a 99,9). In controtendenza, nelle costruzioni l'indice sale da 159,7 a 160,1. Analizzando le componenti degli indici di fiducia, emerge che nella manifattura peggiorano sia i giudizi sugli ordini sia le attese sulla produzione in presenza di una stabilità delle scorte di magazzino; per quanto attiene le costruzioni, migliorano i giudizi sugli ordini mentre si registra un peggioramento per le attese sull'occupazione. Infine, nei servizi di mercato e nel commercio al dettaglio tutte le componenti si deteriorano ad eccezione dei giudizi sulle scorte nel commercio. In relazione alle domande sulle esportazioni rivolte alle imprese manifatturiere trimestralmente, si stima un aumento del numero di imprese che segnala ostacoli all'attività di esportazione (la relativa percentuale passa da 44,5% del quarto trimestre 2021 a 53,5%). In particolare, cresce fortemente (dall'8,2 al 24,8%) la quota di imprese che evidenzia ”Altri motivi” tra i principali ostacoli che condizionano l'export.
Export che a gennaio, secondo i dati aggiornati, crescono del 5,3% su dicembre mentre salgono del 22,6% su gennaio 2021. Le importazioni complessive calano su base congiunturale del 2% mentre salgono su base tendenziale del 44,5%, dato spiegato per un quarto dai maggiori acquisti di petrolio greggio e gas naturale.
L’Istat va intanto verso una revisione al ribasso (dal 7,5% al 7,1%) della crescita nominale del Pil italiano nel 2021, lasciando inalterato +6,6% di crescita reale, a seguito della revisione, tuttora in corso, del valore delle importazioni di gas da luglio a dicembre dello scorso anno. Il Pil si definisce nominale quando i beni e i servizi sono considerati in base al loro prezzo corrente; reale qualora i prezzi dei beni siano mantenuti costanti rispetto a un anno base.
La correzione arriva mentre l’Esecutivo comincia stringere sul Def. Spiega il ministro dell’Economia Franco: ”Il Governo è consapevole dell’impatto inflazionistico riconducibile all'aumento dei prezzi delle materie prime, incluse quelle energetiche anche per la guerra in Ucraina”. E dunque ”nel Def 2022 saranno considerati i fattori di rischio dalla guerra in corso”. Ad oggi gli interventi messi in campo dal Governo superano i 19 miliardi, ”ma l’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche consentirà di valutare la necessità di ulteriori misure di sostegno alle imprese”. Per contenere i costi energetici, ha ricordato il titolare del Mef, il Governo è intervenuto più volte a partire dall’estate scorsa, da ultimo con il cosiddetto decreto energia del 21 marzo che ha stanziato 2,7 miliardi per ridurre le accise sui carburanti e sostenere la liquidità delle imprese più colpite dall'aumento dei prezzi del gas e dell'energia elettrica. A questi si aggiungono ulteriori risorse per gli autotrasportatori per circa 560 milioni. Tali risorse si aggiungono a quelle di precedenti interventi legislativi pari a 16 miliardi”.
Intanto, nei primi due mesi del 2022 il saldo tra assunzioni e cessazioni è risultato positivo, pari a circa 22 mila posti di lavoro, in linea con i valori del 2019. Il numero di contratti attivati è pertanto quasi tornato sul sentiero di crescita precedente la crisi sanitaria. È quanto emerge dalla nota redatta congiuntamente da ministero del Lavoro, Bankitalia e Anpal. Nei primi due mesi del 2022 il lavoro alle dipendenze continua a crescere ma a ritmi meno intensi che nel corso del 2021. Frena soprattutto l’occupazione nel commercio e nel turismo, settori maggiormente penalizzati dai nuovi timori di contagio e dalle restrizioni connesse con la diffusione della variante Omicron. La creazione di posti di lavoro rimane sostenuta nelle costruzioni e nell'industria. La flessione del turismo e del commercio, settori in cui è relativamente maggiore la presenza delle donne, ha frenato la crescita dell'occupazione femminile, che si è quasi azzerata. Rispetto agli ultimi mesi del 2021 si riducono leggermente le assunzioni a termine (che hanno trainato la ripresa del 2021) mentre rimangono costanti quelle a tempo indeterminato Al netto dei fattori stagionali, tra gennaio e febbraio i licenziamenti sono stati in media 40.000 al mese (erano quasi 50.000 prima della pandemia); sono tornati sui livelli pre-pandemici nei servizi, mentre sono rimasti contenuti nell'industria. Grazie alle migliori prospettive occupazionali nel complesso del 2021 è aumentato sia il numero di coloro che hanno trovato un lavoro sia il numero di persone che hanno dichiarato ai Centri per l'impiego di essere immediatamente disponibili al lavoro. La crescita delle dichiarazioni di disponibilità all'impiego ha interessato anche le fasce più istruite della popolazione. Nel mese di gennaio 2022 circa nuovi 100.000 individui si sono registrati come disoccupati dichiarando di essere immediatamente disponibili a lavorare; di questi circa 15 mila erano laureati.
Quasi azzerata all'inizio dell'anno la crescita dell'occupazione femminile, che risente della flessione della domanda di lavoro in alcuni dei settori in cui è maggiore la presenza delle donne, come il turismo e il commercio. L'andamento positivo della manifattura e delle costruzioni continua a offrire opportunità di impiego rivolte soprattutto agli uomini. Il rallentamento dei primi mesi del 2022 ha interessato sia il Centro Nord sia il Mezzogiorno con andamenti eterogenei tra le diverse zone del Paese. Nelle aree centrali e settentrionali la crescita dell'industria ha sostenuto la domanda di lavoro, ma la recrudescenza dei contagi ha penalizzato il turismo invernale, concentrato nelle aree montane. In alcune regioni meridionali, caratterizzate da una minore vocazione industriale, l'espansione della manifattura non ha compensato la debolezza dei flussi turistici dei primi due mesi dell'anno. In Basilicata, Campania e Puglia i saldi occupazionali sono stati inferiori a quelli, già modesti, dello stesso periodo del 2021. In Calabria e Sicilia la crescita delle attivazioni nette è stata trainata dalla forte accelerazione delle costruzioni, che incidono per circa il 40 per cento sul totale dei posti di lavoro creati, quasi il doppio rispetto alla media nazionale.
Osserva il leader della Cisl Sbarra: “La strada per la ricostruzione del Paese dopo la pandemia è oggi in salita per le conseguenze del conflitto in Ucraina e gli sviluppi internazionali di queste ultime settimane. Ma la ricetta rimane la stessa: più concertazione e maggiore coinvolgimento del sindacato sulle scelte del governo centrale, delle regioni e degli enti locali”. Per Sbarra “il sindacato va coinvolto pienamente in ogni passaggio perché il Pnrr dovrà essere l'occasione per una modernizzazione delle infrastrutture e dei servizi pubblici a partire da sanità, scuola, tutela del territorio e dei beni architettonici, ma anche formazione delle nuove competenze, digitalizzazione, sostenibilità ambientale”.
Giampiero Guadagni

( 25 marzo 2022 )

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