La crescita dell'economia italiana dovrebbe restare stabile all'1% annuo nel 2016, 2017 e 2018, con il livello più basso nell'anno in corso fra i maggiori Paesi membri dell'Ocse. Lo scrive l'organizzazione parigina nel suo 'Interim Outlook', notando che "la crescita dovrebbe rimanere solida in Germania, ma continuerà a passo più lento in Francia e Italia". Per l'Eurozona l'Ocse prevede un +1,6% nel 2017 e 2018 dopo il +1,7% del 2016. La Germania passerebbe da +1,8% nel 2016 e 2017 a +1,7% nel 2018, la Francia da +1,1% dell'anno passato a 1,4%.
Anche alla luce di questi dati, i contorni si chiariranno ad aprile con la presentazione del Documento di economia e finanza (Def) e del Programma nazionale di riforme (Pnr). Ma dopo le parole del premier, Paolo Gentiloni, che domenica ha confermato l’intenzione di voler procedere, nella prossima legge di Bilancio, a una riduzione strutturale del cuneo fiscale, i tecnici di palazzo Chigi e dei ministeri del Lavoro e dell’Economia hanno aperto ufficialmente il dossier. Che al momento punta su una ipotesi di sforbiciata strutturale tra i 3 e i 5 punti di contributi a favore dei neo-assunti con contratto a tempo indeterminato, nella nuova versione “a tutele crescenti” introdotta dal Jobs act.
Un documento di economia e finanza che mandi forte e chiaro all’Europa il messaggio che le riforme non si sono fermate. E un progetto di taglio del cuneo fiscale sul lavoro da tradurre in misure vere e proprie già con la legge di Bilancio di fine anno. È la road map che l’esecutivo intende seguire nelle prossime settimane per mettere a punto il Def, che farà da cornice anche alla ’manovrinà da 3,4 miliardi per correggere i conti e rimettersi in linea con le regole di Bruxelles.
Che il taglio del cuneo fiscale fosse sul tavolo lo aveva indicato il viceministro dell’Economia Enrico Morando, da sempre sponsor di un intervento sul costo del lavoro piuttosto che sull’Irpef, e lo ha confermato il premier Paolo Gentiloni. Il problema però sarà, come sempre, quello delle risorse, visto che sul 2018 pesano già 19 miliardi di clausole di salvaguardia sull’ Iva da sterilizzare, se si confermerà la linea dello stop a qualunque aumento delle tasse.
A dire il vero Bruxelles da sempre insiste sull’opportunità di spostare il carico fiscale verso i consumi e vedrebbe di buon occhio un aumento delle aliquote Iva, almeno di quella agevolata al 10%. Lasciarla salire al 13%, come prevede la clausola, consentirebbe infatti, secondo uno studio messo a punto in occasione della comunicazione sugli squilibri marcoenomici di fine febbraio, di intervenire in modo ”progressivo” proprio sui redditi dei lavoratori dipendenti e degli autonomi, se le risorse venissero utilizzate per introdurre un credito d’imposta. E l’idea di uno scambio Iva-cuneo sarebbe stata avanzata anche nelle prime riunioni informali sul tema, ma resta lo scoglio politico di una scelta che rischierebbe di essere impopolare o comunque difficile da comunicare. Una riduzione del costo del lavoro che sia sensibile sia in busta paga sia per le imprese (nelle prime ipotesi circolate si è parlato di un taglio di 5 punti) costerebbe diversi miliardi.
Si starebbe quindi anche valutando l’opportunità di applicarlo solo ai neoassunti, in modo da ridurre i costi e continuare a dare sostegno alla ripresa dell’occupazione. L’altra leva per avere risorse a disposizione, oltre alla nuova tornata di spending review che andrà delineata tra il Def e l’inizio di maggio, come prevede la riforma del bilancio, sarà quella della flessibilità. Nell’aggiornamento al Def di settembre si indicava infatti per il prossimo anno un rapporto deficit/Pil in discesa all’1,2%, che significherebbe una ulteriore stretta di quasi un punto di Pil, visto che il 2017 si chiuderà al 2,1% grazie alla ’manovrinà. Per ottenere altri sconti da Bruxelles sul percorso di aggiustamento dei conti pubblici l’esecutivo cercherà di rispondere punto per punto alle perplessità europee sulle riforme: dallo sblocco del nuovo processo penale alla legge sulla concorrenza, che dopo due anni di stallo in Parlamento potrebbe vedere la luce entro la fine di marzo, fino alla completa realizzazione della ’rivoluzionè della pubblica amministrazione.