L’industria dell’auto attraversa una fase di profondi cambiamenti a livello mondiale. E questi cambiamenti rischiano di essere molto dolorosi per i lavoratori. L’allarme arriva dalla federazione internazionale delle tute blu, IndustriAll, preoccupata per l’ondata di chiusure di impianti in diversi paesi e la conseguente perdita di posti di lavoro ben retribuiti, altamente qualificati e fortemente sindacalizzati. “Dobbiamo contrastare le chiusure, ma anche comprendere le tendenze strutturali più ampie”, osserva il sindacato in un documento diffuso nei giorni scorsi, che riepiloga le chiusure annunciate nelle ultime settimane. General Motors è un esempio estremo: la società ha chiuso uno stabilimento in Australia, ha venduto le sue attività in Europa, Russia e Africa e chiuderà quattro impianti negli Stati Uniti e uno in Canada quest'anno, con un taglio di quasi 6.000 posti di lavoro.
Honda ha annunciato che chiuderà la sua fabbrica a Swindon, nel Regno Unito, che comporterà la perdita di 3.500 posti di lavoro, e interromperà la produzione della Civic a Gebze, in Turchia, lasciando a casa 1.000 lavoratori.
Jaguar Land Rover taglierà 4.500 posti di lavoro a livello mondiale, e Nissan ha annullato i piani per costruire il suo nuovo SUV nel Regno Unito.
Ci sono, è vero, fattori locali, come Brexit in Gran Bretagna, che possono influenzare queste decisioni. Ma nell’ambito di una grande ristrutturazione globale con cui anche il sindacato deve fare i conti, diventando parte attiva nella gestione del cambiamento.
Come? La via maestra resta quella degli accordi quadro globali, che IndustriAll ha siglato con un certo numero di compagnie automobilistiche. Ciò - sottolinea il sindacato nel suo documento - facilita le discussioni ad alto livello sul futuro del settore e offre l'opportunità di negoziare la transizione verso nuove forme di produzione.
(Articolo completo di Ester Crea domani su Conquiste Tabloid)