L’Europa sociale è salva. Il dialogo sociale ancora no. La Ces riconosce i meriti di Jean Claude Juncker “per aver salvato l’Europa sociale quando era praticamente morta in seguito alla crisi economica e ai tanti anni di austerità imposti dalla Commissione neo liberale di Barroso”.
Aprendo a Vienna il 14esimo Congresso della Confederazione europea dei sindacati (il primo congresso fifty-fifty, che prevede cioè l’esatta ripartizione di genere tra delegati e delegate), Luca Visentini ha evidenziato “i cambiamenti significativi” fatti dal lussemburghese, a cominciare dalla riforma del semestre Ue in senso più sociale, e poi con il piano di investimenti pubblici e privati che, anche se “non straordinario”, rappresenta “un buon inizio” per sollecitare la finanza privata a sostenere l’economia. La capacità delle parti sociali di “mettere da parte i conflitti” per “avviare importanti negoziati che ha portato ad accordi e a diversi impegni comuni”, ricorda il segretario generale della Ces, ha permesso a Commissione e Consiglio di rilanciare il dialogo sociale. Che però ha davanti a sé almeno 3 sfide: la sua efficace applicazione in tutti gli Stati membri, soprattutto in quelli che escludono le parti sociali dal processo decisionale; la necessità che le controparti datoriali s’impegnino con i sindacati a rendere la governance economica Ue e il semestre “più sociale”; assicurare che tutti gli accordi tra le parti sociali siano trasposti nella legislazione come richiesto dai trattati. Visentini considera il Pilastro europeo dei diritti sociali “il risultato più importante” dell’ultimo periodo, non fosse altro perché dopo esser stato annunciando come un semplice wishful thinking, è stato poi “realmente implementato con una serie di importanti iniziative legislative e non legislative”, come la revisione delle direttiva dei lavoratori distaccati, le nuove direttive sull’equilibrio vita-lavoro e sulle condizioni di lavoro trasparenti, la creazione dell’autorità europea del lavoro e la nuova legislazione sulle sostanze cancerogene nei luoghi di lavoro. “Bisognava prendere seriamente i temi dell’Europa sociale e noi l’abbiamo fatto”, ha detto Juncker puntando il dito contro i disastri del Barroso II. “
La precedente Commissione ha creato 6500 posti di lavoro, noi ne abbiamo creati 13,5 milioni, di cui 8 milioni solo con il mio piano d’investimenti - ha affermato il presidente dell’esecutivo Ue - e la disoccupazione Ue in questi 5 anni è scesa dal 10,5 al 6,4. Nonostante questi risultati diranno che se perderemo le elezioni sarà colpa mia. Ma io ho mantenuto la promessa che avevo fatto a Parigi al congresso della Ces nel 2015. E da quei giorni sono grato sindacato europeo perché mi ha sempre sostenuto”. “Dovevamo essere più flessibili - ha continuato il lussemburghese - per contrastare un’austerità folle e senza senso”. Negli anni scorsi, ha ricordato Juncker, “l’eurogruppo ha agito come se la crisi fosse arrivata dal nulla, ma invece non era così. La crisi è stata causata da un comportamento irresponsabile degli attori economici e finanziari, che non hanno rispettato le regole fondamentali, preoccupandosi solo di mettere il profitto al centro di tutto”.
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