L’esame della bozza di legge di stabilità è cominciato, ma è ancora troppo presto per avere una prima impressione da Bruxelles. I commissari responsabili della valutazione dei bilanci, Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici, evitano le domande sul tema. ”Lo abbiamo appena ricevuto, lo esamineremo”, taglia corto il francese. Nemmeno la conferenza organizzata dalla Commissione Ue sulla convergenza, occasione per un incontro ’extra’ a Bruxelles tra il ministro Pier Carlo Padoan, Moscovici e Dombrovskis, diventa la scusa per un confronto sul tema. I commissari vogliono aiutare sul fronte flessibilità, come gli anni scorsi, ma non hanno intenzione di ’fare numeri’, cioè avallare la richiesta di 0,3% prima di aver valutato a fondo i dettagli della finanziaria. Un accordo di principio già c’è, e lo stesso
Padoan dà per scontato che la sua richiesta di dimezzare lo sforzo strutturale per il 2018 verrà accettata. Ma lo 0,3% non è ancora scritto nella pietra. I commissari sono disposti a dare nuovi margini, anche fino allo 0,3%, ma non vogliono quantificarli prima di aver ’pesatò le misure contenute nel Draft Budgetary Plan. Perchè se le misure strutturali dovessero risultare inferiori a quelle contate dal Governo, la flessibilità concessa dovrebbe necessariamente scendere. Si aspetteranno quindi le previsioni economiche del 9 novembre, che terranno conto dei piani della finanziaria, per vedere l’andamento del deficit strutturale e valutare lo sforzo reale necessario. Dal palco della conferenza sulla convergenza
Padoan ha ricordato che l’Italia ha ora ”voltato pagina”, innescando un ”circolo virtuoso tra stabilizzazione del debito, ripristino del potenziale di crescita e riparazione del sistema bancario”. E ha illustrato quel ”sentiero stretto”, cioè il percorso tra risanamento e necessità di crescita, che l’Italia ha attraversato mettendo in campo riforme strutturali ”ambiziose, che stanno cominciando a dare frutti”.
Come il jobs act e la riforma della giustizia civile. Anche quelle del sistema bancario stanno funzionando, ha ricordato, visto che nel 2017 le sofferenze ”cominciano a diminuire”.
Ma ci sono ancora dei problemi gravi, come la disoccupazione giovanile molto alta e una produttività molto bassa. ”Non bisogna mai credere che il lavoro sia finito, i mandati politici finiscono, ma non il lavoro da fare”, ha detto il ministro