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Congresso Ces

Non c’é Europa senza lavoro, solidarietà e sviluppo sostenibile

Non c’é Europa senza lavoro, solidarietà, welfare e sviluppo sostenibile. Quattro pilastri che rischiano di sbriciolarsi sotto l’attacco delle forze centrifughe di matrice nazional-populista, da una parte, e di quella “vuota tecnocrazia” e quel “cieco rigorismo”, che “hanno allontanato i cittadini da un senso di comune appartenenza”. E nel mezzo, una politica, rileva Luigi Sbarra, “che anche per questioni di una architettura europea non adeguata, e animata da approcci intergovernativi, non ha saputo rispondere ai bisogni, contribuendo ad aumentare le diseguaglianze”. Tra equilibri geopolitici che vedono Washington e Pechino darsi battaglia a colpi di dazi e una globalizzazione sempre meno governata e sempre più finanziarizzata, osserva il segretario generale aggiunto della Cisl nel suo intervento al congresso della Ces, sarebbe un errore pensare che il problema sia l’Europa. La soluzione, piuttosto, è “l’Europa dei popoli e del lavoro”, non come un ritorno “velleitario e pericoloso” allo Stato-Nazione, ma piuttosto la soluzione “per una maggiore sovranità europea nelle dimensioni della politica economica ed estera, ma anche in quella contrattuale e sociale”. Solo “dalla coesione del lavoro e nel lavoro” passa l’ambizione di “un’Europa più giusta”. Per la Cisl, dice Sbarra, “il tema del lavoro e del riscatto salariale va messo al centro di uno ‘scambio’ complessivo che agisca anche sulle leve della produttività, dell’innovazione e dello sviluppo di sistema. Questo messaggio si declina oggi in una necessità di puntare sulla qualità del lavoro e sul suo valore sociale. Ed è anche per questo che va compiutamente riconosciuto, valorizzato e retribuito maggiormente”. Ces e sindacati nazionali “devono lottare uniti per salari più alti, contrattazione collettiva più forte ed estesa, che generi diritti, tutele e welfare per tutti, e per dare spazio a un livello negoziale europeo che faccia fronte a un capitale sovranazionale sempre più mobile, per ridistribuire a favore dei ceti medi e popolari”. Guai ad arretrare di un millimetro, dunque, sul progetto di una comunità sociale e contrattuale. L’orizzonte è l’”Europa della giustizia sociale, dell’inclusione, dell’innovazione e della partecipazione femminile al mercato del lavoro”. Un traguardo “che non è né sogno, né utopia, ma l'unico vero percorso per orientare in senso progressivo le grandi transizioni in corso”.

( 22 maggio 2019 )

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