Se negli ultimi 16 anni, in Europa, gli aumenti salariali avessero pienamente rispecchiato gli aumenti di produttività, sarebbero stati di quattro volte più alti. E’ quanto emerge da uno studio dell'Istituto sindacale europeo (Etui) e dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces), diffuso ieri, a sostegno della campagna #PayRise. È teoria economica diffusa che gli aumenti salariali dovrebbero seguire gli aumenti di produttività. In Europa, invece, la produttività è aumentata molto più dei salari.
Dal 2000 al 2016 la produttività è aumentata tre volte di più delle retribuzioni in Germania e Croazia e due volte di più delle retribuzioni in Polonia e Belgio.
In Austria la produttività è aumentata del 65% in più delle retribuzioni, del 60% in Spagna, del 30% nei Paesi Bassi.
In Ungheria, Romania, Portogallo e Grecia i salari reali sono diminuiti negli ultimi 16 anni, mentre la produttività è aumentata.
"Gli aumenti salariali sono rimasti indietro per anni", commenta Esther Lynch, segretaria confederale Ces. Colpa (o virtù) del dogma dell’austerity imposto dai sacerdoti della troika , che ha fatto sì che negli anni i lavoratori fossero privati in busta paga di una buona parte del valore del loro lavoro.
Ma questo, come osserva Bela Galgoczi, ricercatrice senior dell’Etui, non solo è profondamente ingiusto, ma anche economicamente dannoso, poiché la crescita rimane inferiore al suo potenziale. Il reddito da lavoro, infatti, rimane la principale fonte di reddito per le famiglie e il consumo privato costituisce la maggior parte della domanda aggregata. I salari reali che crescono meno di quanto cresca la produttività determinano un impoverimento delle famiglie e conseguentemente la riduzione dei consumi. Ciò deprime le prospettive della domanda e, conseguentemente, la riduzione degli investimenti. In estrema sintesi: le retribuzioni depresse non incentivano gli investimenti in tecnologia e possono quindi ostacolare la futura crescita della produttività.
"L'ampio divario tra aumenti di produttività e aumenti salariali fornisce una solida prova della necessità di aumenti salariali per i lavoratori di tutta l'Ue", rincara Lynch, sollecitando "un'equa contrattazione collettiva (...) tra sindacati e datori di lavoro in tutta Europa per ottenere aumenti salariali dignitosi e sensibili. I governi e le istituzioni dell'Ue - conclude la sindacalista - dovrebbero fare tutto il possibile per consentire e incoraggiare i negoziati sui contratti collettivi ".
(Articolo completo di Ester Crea domani su Conquiste Tabloid)