Martedì 23 aprile 2024, ore 8:53

Diritti e libertà

Vera Vigevani Jarach è un simbolo di libertà e riscatto per tutta l’umanità

“Grazie a Vera Vigevani Jarach per aver accettato oggi l’invito della Cisl e per la sua straordinaria testimonianza. Il mondo del lavoro ed il nostro paese hanno tanto bisogno del coraggio e del messaggio positivo di speranza delle Madri e delle nonne di Plaza de Mayo”. La segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, insieme al gruppo dirigente del sindacato, ha incontrato oggi a Roma Vera Vigevani Jarach, la scrittrice e giornalista italiana che in Argentina è stata una delle leader del movimento della Madri de Plaza de Mayo.

Di famiglia ebrea, rifugiata in Argentina nel 1939 per scampare alle leggi razziali fasciste, la Vigevani è una madre di Plaza de Mayo in seguito alla morte della figlia Franca Jarach negli anni della dittatura militare di Jorge Rafael Videla. “Vera Vigevani è una donna forte, carica di energia e passione nonostante i suoi 92 anni, una grande donna che non si è mai arresa alle dittature, prima contro il nazifascismo e poi contro quella argentina. Vera è una partigiana della memoria. Viene da un paese come l’Argentina dove le radici della nostra comunità sono ancora molto forti. Le sue parole sono state oggi per noi un segnale di grande speranza per costruire una umanità più libera, democratica, una umanità migliore”.

Furlan ha inoltre aggiunto che “Vera Vigevani Jarach è una testimone vivente di un impegno per la libertà e la democrazia, uno stimolo per tutta la comunità internazionale a globalizzare i diritti in tutto il mondo. Noi siamo molto daccordo con lei: oggi occorre creare un antidoto forte per sconfiggere le pericolose tendenze antisemite e razziste che circolano in Europa ed anche nel nostro paese. Per noi lo strumento principale per salvaguardare la democrazia e la dignità delle persone rimane il lavoro". Da parte sua Vera Vigevani Jarach, dopo aver ringraziato la Cisl ha sottolineato: "C’è molto bisogno del protagonismo del sindacato nel mondo perchè per me il tema del lavoro è oggi più che mai essenziale. Il sindacato rimane lo strumento per battersi contro la disoccupazione, il lavoro sfruttato e sottopagato, l'emarginazione sociale". La Vigevani ha aggiunto che "qualcosa deve spingerci ad avere nuovi progetti e nuove idee. Qualcosa si può fare sempre per salvare la democrazia. Soprattutto i giovani hanno una grande responsabilità. Le persone non sono numeri, siamo tutti uguali e siamo tutti diversi. Ecco perché tollerare non è per me una bella parola. Bisogna invece rispettare le persone. Il vero segno di democrazia è il riconoscimento della dignità dell’essere umano”.

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“Desaparecidos”: per non dimenticare

Depositate le motivazioni della Sentenza del Processo “Condor”.

Sono state depositate nelle scorse settimane le motivazioni della sentenza del Processo “Condor”, che ha visto alla sbarra, in Italia, molti militari colpevoli di aver organizzato, in maniera strategica in tutta l’America latina, l’annientamento delle opposizioni politiche durante gli anni ’70, gli anni terribili delle dittature. La sentenza conferma ancora una volta quanto sia stato minimizzato, se non sostanzialmente e deliberatamente ignorato, che il collegamento tra i militari di Argentina, Uruguay, Brasile, Cile, Bolivia e Perù, non fosse in quegli anni bui un teorema immaginario ma si trattasse di una concreta operazione internazionale pianificata che si rivelò, come poi la storia ci ha confermato, una grande sciagura per i paesi latinoamericani coinvolti e un immenso pericolo per tutta la comunità internazionale. 24 ergastoli, una sola assoluzione, 8 procedimenti chiusi perché gli imputati sono defunti: le vittime tutti cittadini di origine italiana, per cui il processo si è potuto tenere in Italia. La III Corte d’Assise di Roma ha fondato le sue decisioni su prove testimoniali assunte nel dibattimento (dichiarazioni dei familiari degli scomparsi, dei sopravvissuti alla prigionia e alle torture) e sulla documentazione ufficiale acquisita. La sentenza riconosce quindi che le forze militari dei regimi in America Latina, nel corso degli anni ’70, commisero un elevato numero di crimini gravissimi nei confronti degli oppositori politici, molti dei quali cittadini italiani, dopo l'instaurazione dei sistemi dittatoriali militari e la sospensione delle garanzie costituzionali. Recita tra l’altro la sentenza: “…La pesante azione repressiva degli oppositori politici e delle ideologie ritenute sovversive, era stata attuata mediante operazioni illegali di arresto, sequestro, tortura, trasferimento all’Estero, sparizione e soppressione fisica, con sistematicità e coordinamento tra i servizi di intelligence dei vari paesi aderenti al c.d. “Sistema Condor o Plan Condor”. Il Piano Condor consisteva in un accordo fra i governi dei Paesi latinoamericani: Cile. Argentina, Uruguay, Bolivia, Perù e (successivamente) Brasile avente ad oggetto, agli inizi, lo scambio di informazioni riguardanti gli appartenenti ai movimenti di opposizione ai regimi dittatoriali allora insediatisi nei Paesi dei Cono sud dell’America latina e, successivamente, volto a consentire sequestri, torture e omicidi di rivoluzionari, oppositori o sedicenti tali, con l’accordo dei Paese ospitante (ove la vittima si fosse ivi rifugiata) e con garanzia di assoluta impunità”. Ma come si è giunti a questi processi, come mai la Cisl ed il mondo sindacale italiano si sono trovati coinvolti? Facciamo un passo indietro e torniamo a quegli anni, precisamente in Argentina, tra il 1976 ed il 1983. Nell’estate del 1978 la comunità internazionale è distratta dal campionato mondiale di football, con Buenos Aires e le principali città argentine sotto l’occhio delle telecamere di tutto il mondo. Da due anni segnali strani arrivavano dal paese, ma soltanto un timido Daniel Rochetau, nazionale francese, osò esprimere qualche preoccupazione sulla situazione sociale dell’Argentina in una intervista: quasi nessuno gli diede attenzione. Sotto totale silenzio passò il rifiuto di partecipare ai mondiali, per manifestare il proprio dissenso politico, di Paul Breitner, fortissimo terzino della nazionale tedesca e dello stesso capitano della nazionale di casa Jorge Carrascosa. Vaneggianti e farneticanti erano stati d’altronde considerati gli appelli in Europa di alcuni artisti e intellettuali (Moustaki, Yves Montand, lo stesso Jean Paul Sartre) che chiamavano al boicottaggio della competizione sportiva in Argentina. Le televisioni di tutto il mondo preferivano mostrare la splendida Olanda del calcio “totale”, le magie della squadra nazionale di casa con Kempes, Passarella e Luque (…sinistre le parole di Luque alla vigilia della finale: “Se necessario domani daremo la vita nell’area avversaria…”), pochissimi monitor mostravano, verso la fine dei notiziari, gruppi di donne con un foulard bianco che gridavano disperate cercando ascolto dagli organi di informazione, denunciando che gruppi di persone armate avevano sequestrato i loro figli… Denunciavano la scomparsa “fisica” dei propri figli. La vittoria dell’Argentina consolidò l’immagine di un Governo solido, eccellente organizzatore dei mondiali…L’attenzione internazionale sul paese tornò improvvisa solo qualche anno più tardi, per la quasi fiabesca “Guerra delle Malvinas” o delle Falklands, dove si confrontarono la Marina militare argentina e la Royal Army britannica, con una tale disparità di forze che la guerra abortì praticamente subito e le quasi sconosciute isole del Pacifico restarono sotto il controllo di Sua Maestà la Regina Elisabetta... Solo molto dopo si comprese l’enorme tragedia che in quel periodo si era generata in Argentina ed in tanti altri paesi latinoamericani, dove i regimi militari, nel clima della “guerra fredda” imperante, si erano organizzati per letteralmente “cancellare” tutti gli oppositori politici. Migliaia di persone scomparvero, 30.000 “desaparecidos” soltanto in Argentina… C’è voluto molto tempo per cominciare a fare i conti con quella tragedia, con le grandi responsabilità internazionali, le collusioni, le coperture, i silenzi. Il ritorno della democrazia con Raoul Alfonsin in Argentina, il Referendum che sconfisse Pinochet in Cile, le situazioni negli altri paesi del Cono sud, sembrarono stendere un velo di silenzio e di oblio, perché il recupero delle libertà democratiche era molto più importante in quel momento e si poteva anche accettare che i militari girassero dappertutto indisturbati, che una mediazione “democratica” stabilisse per esempio che il generale Pinochet, pur se sconfitto da un referendum popolare, restasse praticamente nel ruolo di Capo di stato maggiore dell’Esercito cileno fino alla fine dei suoi giorni, coesistendo con i governi della “Concertaciòn nacional”. Il Presidente argentino Raoul Alfonsin il 24 dicembre del 1986 tentò di mandare definitivamente tutto nel dimenticatoio con la “ley del punto final” e la legge sull’ “obbedienza dovuta”, poi l’ultraliberale Presidente Menem il 7 ottobre del 1989 decretò un generale indulto, che scagionò e liberò da ogni imputazione tutti i militari coinvolti.

Furono le “Madres”, con coraggio e determinazione, ad occuparsi di mantenere viva la memoria e l’allerta internazionale: ogni giovedì cominciarono a ritrovarsi in un rituale strano, una processione lenta in tondo nella Plaza de Mayo, davanti alla residenza governativa della Casa Rosada, con i loro foulard bianchi e le foto dei loro figli scomparsi appese al collo…E risvegliarono pian piano, finalmente, la curiosità degli organi di informazione di tutto il mondo e la capacità di indignarsi della società civile internazionale, mentre cominciavano ad essere ufficializzate le cifre delle persone “scomparse” e si riusciva a dare un nome e una identità ai cadaveri di giovani donne trovati nel Rio de la Plata, poveri resti che confermavano la “vox populi” che parlava di sinistri lanci dagli aerei militari…

Di fronte all’inerzia e all’impossibilità di perseguire i colpevoli dei gravissimi reati, sulla falsariga dell’iniziativa del magistrato spagnolo Baltasar Garzon, che aveva spiccato mandato di cattura contro Pinochet, ad alcuni magistrati italiani e francesi venne l’idea di tentare di mettere in piedi all’estero procedimenti giudiziari contro i vertici militari argentini, di fronte al fatto che moltissime vittime avevano nazionalità di origine europea. Tanti erano i nostri connazionali scomparsi: le Organizzazioni sindacali argentine ci contattarono, i molti esuli che “gravitavano” in Italia presso le nostre sedi sindacali, soprattutto nelle grandi città, si incontrarono e si avviò una stagione straordinaria. Il Presidente del Consiglio dell’epoca, Romano Prodi, decise di far costituire come parte civile nel procedimento che si stava per aprire nei tribunali italiani lo stesso Governo italiano, stessa cosa fecero i Governatori delle Regioni di origine dei nostri connazionali scomparsi. Molti “desaparecidos” erano lavoratori, sindacalisti. Avviammo uno studio con l’Ufficio legale della Cisl per analizzare gli Statuti e trovare degli agganci che permettessero di coinvolgere nei procedimenti giudiziari anche il Sindacato Italiano. Non soltanto gli articoli fondamentali e lo ”spirito internazionalista” che ispira lo Statuto della Cisl ci vennero incontro, ma fu determinante il ragionamento per cui, i lavoratori e sindacalisti argentini “desaparecidos” erano affiliati alla CGT ed alla stessa centrale internazionale, la International Confederation of Free Trade Unions, di cui la Cisl italiana era fondatrice ed ovviamente affiliata: gli Avvocati che offrirono il “gratuito patrocinio”, fecero quindi costituire anche la Cisl, così come la Cgil e la Uil, nonché la stessa Confederazione Sindacale internazionale, quali “parti lese” nel processo presso il tribunale di Roma.

In quegli anni i nostri uffici del Dipartimento internazionale ospitarono tanti familiari delle vittime che dall’Argentina venivano a “testimoniare” davanti alla Corte italiana, impagabile il lavoro dei Patronati Cisl di Argentina ed Uruguay, dove rispettivamente Micaela Bracco e Mena Narducci si prodigavano per favorire ed accompagnare spesso le “Madres” ed i familiari dei desaparecidos “italiani”. E così conoscemmo tra gli altri Angelita Boitano, Estella Carlotto, Vera Jarach Vigevani, quest’ultima, oggi novantaduenne, straordinaria testimone di due tragedie: ebrea, scappò dalle leggi razziali dall’Italia per giungere in Argentina e vedere la propria unica figlia diciottenne sequestrata ed assassinata dalle “patrullas” dei militari sudamericani.

Mentre si svolgevano i processi in Italia, che immediatamente svegliarono dal torpore soprattutto le generazioni più giovani in Argentina, che stavano rischiando una collettiva rimozione della memoria, partì il movimento delle “Abuelas”, le “nonne” argentine che decisero di ricercare tutti quei neonati che erano stati strappati alle giovani madri sequestrate e torturate e poi affidati a famiglie di militari. Ad oggi, su più di 400 bambini partoriti che si sa per certo furono affidati a genitori adottivi, la campagna per il recupero delle identità ha riportato alle famiglie originarie 130 giovani uomini e donne che si sono sottoposti alla prova del DNA. Stagione non semplice…qualche giovane, pur identificato, non ha voluto sottoporsi alla prova del DNA, non volendo mettere in difficoltà i genitori adottivi né volendo rinunciare al loro affetto…E ricerca di verità e giustizia sono stati accompagnati da una grande prova di misericordia, che ha scaldato il cuore degli Argentini.

Finalmente dal 2003 il nuovo Presidente Nestor Kirchner ha dichiarato nulle le leyes del punto final e gli indulti e si sono aperte le aule anche dei Tribunali argentini per portare alla sbarra i militari aguzzini. Le prime sentenze di “ergastolo”, che saranno poi confermate dai ricorsi in Appello, furono pronunciate in Italia il 6 dicembre del 2000, imputati i militari Riveros, Suarez Mason ed altri, seguirono ancora sentenze di ergastolo il 14 marzo del 2007 contro il Colonnello Astiz ed i Comandanti della Scuola militare ESMA, dove di fatto i lavoratori e gli studenti catturati venivano torturati e seviziati, e dove venivano fatte partorire le giovani donne per poi sbarazzarsi dei loro corpi nei terribili voli della morte sul Rio delle Amazzoni (… le analisi dei resti hanno confermato che più di qualcuno/a era ancora vivo quando fu lanciato dagli aerei militari). Gli ultimi 24 ergastoli sono stati comminati poche settimane fa con il Processo Condor, che ha “svelato” la terribile carneficina pianificata e strategicamente perseguita dai militari delle dittature di Argentina, Uruguay, Brasile, Cile, Perù… Ancora una volta come Cisl ci eravamo costituiti come parte “lesa”, con un intervento “adesivo” ai sensi degli articoli 91 e 92 del Codice di Procedura Penale, per il caso del sindacalista di origine italiana Gerardo Gatti, fondatore del PIT-CNT dell’Uruguay. Il pericolo della rimozione della memoria collettiva di quella terribile tragedia sembra scongiurato per il momento, grazie all’impegno di tante associazioni e tra queste annoveriamo con orgoglio la nostra Organizzazione, la Cisl. Oggi grazie alla ex Presidente Cristina Kirchner la scuola militare ESMA è stata trasformata in un Museo per la memoria dei “desaparecidos”. Ma purtroppo, come per la “Shoah”, la progressiva scomparsa dei testimoni per ragioni anagrafiche rischia di far dimenticare sia in Argentina sia nel resto del mondo quella drammatica congiuntura. Questa perdita di memoria può concorrere a risvegliare il demone delle ideologie intolleranti, reazionarie e fasciste sempre pronte a rigenerarsi, perché frutto della caducità della politica e della fragilità della democrazia. Sta anche a noi, che crediamo nell’importanza del Sindacato non solo fra gli attori del governo complesso delle moderne economie ma anche per il suo ruolo insostituibile fra i protagonisti della storia del movimento della non-violenza, impegnarci a tenere vivo per le nuove generazioni il monito delle “Madres” di Plaza de Mayo: NUNCA MAS! (Mai più!).

Giuseppe Iuliano

Responsabile del Dipartimento Internazionale della Cisl.

( 26 febbraio 2020 )

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