La riforma del pubblico impiego targata Madia taglia finalmente il traguardo. Il Consiglio dei ministri in corso darà infatti il via libera finale. Gli ultimi ritocchi ai testi allargano le maglie per la stabilizzazione dei precari, dettagliano l’iter che porta al licenziamento e inseriscono una fase ponte, fino a settembre, per il cambio delle regole sulle visite fiscali. I controlli, infatti, passeranno dalle Asl all’Inps, con la creazione di un polo unico della medicina fiscale, comune a pubblico e privato.
In particolare, il piano straordinario di assunzioni per il precariato storico allarga la platea a tutti coloro che maturano i requisiti al 31 dicembre 2017 (e non più all’entrata in vigore del decreto). Inoltre si dà la possibilità di cumulare gli anni di servizio (tre degli ultimi otto) presso più amministrazioni (mentre prima l’anzianità era calcolata su un singolo ente). Gli unici a restare fuori dalle stabilizzazioni sono i lavoratori somministrati, per cui il contratto è stipulato con un’agenzia interinale. Tuttavia sarà loro riconosciuto un punteggio nei concorsi. Altre modifiche toccano l’azione disciplinare, sarà chiarito quando scatta il licenziamento per valutazione negativa, “pagella” insufficiente, in modo da garantire un’adeguata tutela al dipendete. Non solo, vizi formali, cavilli giuridici, non fermeranno il procedimento, punto cardine della riforma, purchè non si vada oltre certi limiti (ad esempio la durata non duplichi il tempo limite massimo, superando i 180 giorni). C’è poi una trattativa in corso con la Ragioneria generale per venire incontro alle richieste delle Regioni e dei sindacati sul salario accessorio. In ballo c’è una salvaguardia più estesa per i premi in caso di rosso in bilancio e la garanzia delle voci fisse dell’accessorio (come le indennità di turno).