Dopo oltre otto anni di attesa, potrebbe arrivare domani la fumata bianca sul rinnovo del contratto degli statali. La volata finale è partita da tempo, non senza intoppi e interruzioni. Ci sono voluti mesi di trattative e, prima ancora, la spinta della sentenza della Corte Costituzionale che giudicava illegittimo lo stop prolungato della contrattazione. Si punta a chiudere, dunque. A partire da alcuni punti fermi. C’è l’accordo sull’aumento medio di 85 euro e sulla salvaguardia del “bonus Renzi”, che in molti rischierebbero di perdere proprio in seguito agli aumenti retributivi. Questo per il complesso dei dipendenti delle funzioni centrali, ovvero gli statali in senso stretto (247 mila lavoratori). L’adeguamento inoltre punterà ad accorciare la forbice retributiva. Applicando a tutti la percentuale di rialzo, stabilita in manovra (+3,48%), chi ha di più avrebbe ancora di più. Si applicherà quindi una “scala” che permetta scatti più omogenei.
Sin qui il fronte economico. Ma novità arriveranno anche su quello normativo. I sindacati hanno chiesto di recuperare spazi alla contrattazione. Le organizzazioni dei lavoratori, dunque, non saranno più solo informate delle decisioni prese dall’amministrazione, ma si darà vita a un confronto (una sorta di concertazione nella versione 2.0) nelle materie che hanno riflessi sul lavoro. In ballo ci sono anche turni e straordinari. I bonus di produttività non ricadranno più nella stessa proporzione su tutti ma saranno tarati sulla produttività sia del singolo che della squadra di cui fa parte, ovvero dell’ufficio. Si ipotizza che il 20% delle risorse vada ai dipendenti dei servizi che si aggiudicano le performance migliori.
Si punta a chiudere, come detto. Ma per il quadro finale bisogna aspettare l’incontro di domani tra sindacati e Aran. E la partita si definirà completamente solo quando saranno toccati tutti i settori (dalla scuola alla sanità)).