Giovedì 25 aprile 2024, ore 16:31

Lavoro 

Dal lavoro alla violenza, per le donne numeri impietosi 

Alla vigilia dell’8 marzo e a un anno dall’inizio della pandemia, a scorrere le statistiche che riguardano le donne c’è di che scoraggiarsi. Dalla perdita di posti di lavoro, agli infortuni, alla violenza domestica, sottolinea la segretaria confederale Cisl, Daniela Fumarola, i numeri sono tutti in negativo.
Qual è il bilancio che si può fare sulla condizione femminile in Italia?
I numeri sono impietosi. Rispetto a questi temi, sicuramente emerge una condizione: le donne e i giovani hanno subito i danni della crisi da legata al Covid in maniera più massiccia. Basta pensare ai posti persi: su 440mila, 312mila sono donne e giovani under 34, oltre il 70%. Non solo. A dicembre, su 101mila posti persi, 99mila riguardano donne. Se ci aggiungiamo l’aumento dei casi di violenza domestica, viene fuori un quadro di grandissima fragilità delle donne.
Su quali interventi concentrarsi per invertire la rotta?
Innanzitutto, bisogna fermare la violenza sulle donne, incidendo sull’aspetto culturale e dando loro la possibilità di essere tranquille nel denunciare. Spesso in molte non lo fanno perché non hanno un’indipendenza economica. Per questo le risorse del Recovery Fund devono parlare al femminile. La ripresa deve essere dettata da un’agenda che utilizzi i fondi per giovani e donne. C’è poi da affrontare il tema della conciliazione. Serve condivisione del lavoro di cura, dei pesi familiari. Ma è sbagliato immaginare che alle donne si possa dare supporto solo in termini di welfare. Il welfare deve essere affiancato a un lavoro sicuro, solido, che consenta alle donne di vivere la famiglia in maniera condivisa e dia loro possibilità di creare il proprio progetto di vita. Il Recovery è, nel pieno di una crisi devastante, una possibilità di cambiare l’Italia per i prossimi 20 anni. Il paese dovrà immaginare come realizzare l’inclusione del lavoro femminile. Tutti i dati dicono che includendo nel mercato del lavoro il potenziale femminile, aumenta il Pil e migliora la qualità del lavoro.
Passando dal quadro generale a quello del sindacato: sono stati fatti progressi negli anni, in un mondo un tempo fortemente maschile?
Sì. Basti pensare che in tutte le segreterie delle nostre federazioni ci sono donne. Abbiamo fatto tanto lavoro in termini culturali e nella promozione della cultura di genere. E anche attraverso la contrattazione. È lì che si può svolgere un ruolo proattivo, facendo comprendere a chi fa le trattative, per lo più uomini, che bisognava rendere la questione di genere omogenea alle altre. In Cisl, da 70 anni, sosteniamo che la centralità della persona significa valorizzarla a 360 grandi. Ma c’è tanto ancora da fare.
Su quale altro fronte?
Quello dei giovani. Devono continuare ad appassionarsi alla Cisl, per dare un contributo attivo al cambiamento. Credo che il miglior tempo sarà quello che ci vedrà protagonisti di questa cultura, che ci permetterà di non parlare più di uomini e donne ma di parlare di persone. Senza contrapporre più donne e uomini, immigrati e italiani, giovani e anziani. Fare davvero della diversità un valore.
Ilaria Storti

( 4 marzo 2021 )

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