"E’ il momento di fare debito”. Il centro sinistra italiano, e il coraggio che non ha (avuto), visto da Bruxelles. Il problema è l’ambiguità. Di chi c’era prima e di chi, a Palazzo Chigi, è arrivato da poco. “Si proclamano progressisti e keynesiani, ma continuano a produrre austerità”, dice a Conquiste Luca Visentini, a proposito della gestione economica del Covid dell’esecutivo precedente. Il segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati paragona il Conte bis alla sinistra di Schroeder e Blair: “Ma che razza di sinistra è? L’UE ha fatto uno sforzo incredibile con 500 miliardi per l’emergenza e non li usi perché poi hai paura che ti presentino il conto? E allora fai una battaglia in Consiglio europeo e discuti ora le regole fiscali per il prossimo anno e mezzo. Hanno avuto paura delle condizioni macroeconomiche e non hanno voluto spendere. E così la gente muore. Il problema è che non puoi dare la cassa integrazione con il Recovery Fund, che vale solo per gli investimenti futuri. Se vuoi salvare le persone, devi pagare subito, utilizzando il fondo SURE e i soldi della BEI, che sono prestiti a tasso zero. Se non lo fai, lasci morire la gente. Non c’è rapporto tra Recovery Fund ed emergenza: quella è una partita per il lungo periodo. Servono soldi subito, non ci sono scuse”.
Per questo è stato chiamato Mario Draghi.
“Draghi è una figura ambigua. Ha salvato l’euro, per il resto ha portato avanti solo politiche neoliberiste. Ci preoccupa non tanto il Recovery Plan, che servirà per gli investimenti strutturali, cioè mettere soldi nei settori giusti, e in questo senso abbiamo segnali positivi. Ci preoccupa piuttosto il fatto che possa prevalere lo spirito draconiano quando bisognerà pagare le misure d’emergenza. L’idea di dover salvare le imprese produttive e le altre no non può funziore. Bisogna estendere i sostegni a chi non li ha ancora ricevuti, soprattutto agli autonomi e alle PMI, categorie che sono state completamente abbandonate. Bisogna fare come in Francia e Belgio, dove gli autonomi e le piccole e medie imprese hanno ricevuto gli stessi soldi dei dipendenti e delle grandi imprese. E infatti, guarda caso, in quei Paesi non ci sono state sollevazioni di piazza, perché la gente ha ricevuto subito i soldi. E’ il momento di fare debito. In caso contrario, significa che l’Italia, se decide utilizzare solo i grant e non i prestiti, potrà ricevere solo 81 miliardi sui 209 che le spettano. E la prova è che ha speso solo 36 miliardi sui 90 disponibili del SURE, neanche il 40 per cento. E temo che con Draghi non cambierà molto. L’emergenza, tuttavia, durerà parecchio. Anche se quella sanitaria si normalizzerà entro l’esta te, gli effetti delle chiusure si faranno sentire per un altro anno e mezzo. In generale, credo che dovremo prepararci a 2-3 anni di crisi economica. Soprattutto se decideranno di non utilizzare gli aiuti disponibili subito per non voler fare debito: così rischiamo un’ecatombe sociale”.
Il 4 marzo, la Commissione presenterà finalmente la direttiva sulla trasparenza salariale, 460 giorni dopo l’inse diamento di von der Layen, che aveva promesso di occuparsene entro i suoi primi 100 giorni di mandato. Tuttavia, fa sapere la CES, esistono ancora 3 versioni del provvedimento.
“Sì, e nessuna delle tre versioni va bene. Il tema della parità salariale a parità di qualità di lavoro non è affrontato in maniera adeguata. La direttiva è scritta male, non è ambiziosa, perché l’eli minazione del divario salariale di genere, che per noi è centrale, non lo è invece nel provvedimento. E gli imprenditori stano facendo di tutto per annacquarlo. Il problema è che la direttiva non è gestita dalla DG Employment, ma insieme alla DG Justice. E la commissaria all’uguaglianza Helena Dalli non ha ‘por tafoglio’ per imporsi. Immaginiamo che si arriverà a una versione unica entro giovedì, ma non siamo riusciti a vederla. Di solito, veniamo consultati e informati con largo anticipo, ma in questo caso non è prevista l’obbligatorietà della consultazione. E’ una procedura anomala. Da quello che capiamo, la volontà politica non è mai mancata. Von der Layen ha provato a portare avanti questa battaglia, ma la burocrazia UE ha scelto una base legale che ha complicato la situazione. E’ stata creata una direttiva scritta malissimo, che ha messo insieme vari tasselli. E lo Scrutiny Board, che esamina la regolamentazione, non poteva fare altro che bloccarla”.
La CES ha espresso fortissime perplessità anche sull’accordo commerciale Ue-Cina. Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, proprio in una recente interviste a Conquiste ha assicurato che l’Eu rocamera “continuerà a usare la sua influenza per sottolineare l'importanza del rispetto dei diritti umani e dello sviluppo sostenibile a livello globale attraverso diversi mezzi, come le clausole sui diritti umani inserite negli accordi commerciali e di investimento”.
“L’accordo è negativo nel contenuto. Non considera le violazioni della Cina sul lavoro, menziona debolmente le convenzioni ILO su lavoro minorile e lavoro forzato, ma le libertà di associazione e la contrattazione collettiva sono totalmente ignorate. Se si vogliono relazioni commerciali serie, occorrono impegni vincolanti da parte di Pechino, e invece si sono barattati i diritti umani e del lavoro per fare accordi commerciali, che sono praticamente nell’e sclusivo nell’interesse della Germania, e in particolare nei settori auto e metalmeccanico. Si tratta di un’operazione furba e poco lungimirante, fatta nel momento peggiore. Prima cioè dell’insediamento di Biden. Il che mette in difficoltà i rapporti con gli USA. La speranza è che il Parlamento UE introduca modifiche, ma la vedo molto dura. Il tempo non manca, ma la controparte è tale che renderà tutto molto complicato”.
E’ quasi in dirittura d’arrivo invece la direttiva sul salario minimo.
“La crescita seguita all’ultima crisi non ha migliorato i salari, piuttosto ha incrementato disuguaglianze e gap salariali, con intere categorie non protette come i lavoratori delle piattaforme e gli autonomi. E il Covid ha aggravato una divergenza salariale già in atto. La direttiva su salari minimi è fondamentale per aumentare i salari minimi legali e rafforzare la contrattazione per i lavoratori non coperti. E’ in atto anche un confronto con la vice presidente Vestager su come interpretare la legge sulla concorrenza per consentire agli autonomi di avere la contrattazione. Entro giugno, poi, dovremmo avere una direttiva sulle piattaforme, su cui c’è una consultazione con le parti sociali. La Commissione è molto infastidita dall’atteggia mento di Uber, anche dopo le sentenze a sfavore in Italia, Gran Bretagna e Spagna. In totale, abbiamo in cantiere tre provvedimenti UE su disparità, concorrenza e piattaforme, che dovrebbero aiutare a rafforzare la contrattazione ed estendere la copertura dei contratti. Lo scontro politico, tuttavia, resta pesantissimo, perché le imprese vogliono far saltare tutto. In Consiglio la situazione sembra migliorata. Nell’ultimo incontro informale, anche Paesi come Svezia e Danimarca stanno considerando che sui salari minimi conviene negoziare. Vediamo se in Parlamento si potrà rafforzare il provvedimento sulle questioni che ci interessano. Abbiamo ancora due-tre cose da migliorare. Siamo fiduciosi”.
Pierpaolo Arzilla