Sono state presentate 66.409 domande per accedere all'Ape social e al pensionamento anticipato per i lavoratori precoci. Lo fa sapere l'Inps, comunicando i dati definitivi delle istanze inoltrate entro la scadenza di sabato 15 luglio. L'Istituto spiega che sono arrivate 39.777 richieste per l'indennità di Ape social e 26.632 per i lavoratori precoci.
E' stato così superato il tetto previsto per quest'anno, pari a 60.000 unità.
Le domande per Ape social e pensionamento anticipato per lavoratori precoci sono arrivate soprattutto da uomini: meno di una su quattro è stata presentata da una donna, precisamente il 23,2% (15.400 su 66.409). Lo rileva l'Inps. "Per quanto riguarda la distribuzione per genere, le donne - spiega - che hanno presentato la domanda per la certificazione per l'Ape sociale sono state 11.668, contro le 28.109 degli uomini. Le domande per la certificazione per lavoro precoce, invece, sono state presentate da 22.900 uomini e da 3.732 donne".
L'incontro di oggi al Nazareno con i segretari di Cgil, Cisl e Uil "è una tappa importante: un confronto con il sindacato sul sistema pensionistico e la sfida delle nuove generazioni. Una tappa del lavoro che porterà alla conferenza programmatica del Pd in autunno. Vogliamo prospettare un impegno per i prossimi 5 anni", ha annunciato Maurizio Martina vicesegretario del Pd, alla Stampa che sul centrosinistra osserva: "quando Speranza, per definire Mdp, usa come unico argomento la sua opposizione al Pd, scava un solco", evidenzia Martina. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in un'intervista al Corriere della Sera assicura: "Io resto nel Pd". E chiarisce: "Non so se si pensa di inseguire il populismo. Voglio credere e sperare che non sia così. Ma se si cede alla tentazione di inseguire i populisti, allora il Pd è destinato a una sconfitta certa". La questione è sul tavolo ma per trovare una soluzione servirà del tempo. Si tratta di tracciare un’exit strategy che in qualche modo rallenti l’aumento dell’età pensionabile, che rischia di salire a 67 anni nel 2019, senza creare buchi di bilancio incolmabili e tensioni con Bruxelles.
Il tema però non sarà lasciato fuori dalla cosiddetta ’fase 2’ della riforma, anche perchè lo prevede, seppure in una versione morbida, il verbale d’intesa tra governo e sindacati dello scorso settembre. La richiesta di Cgil, Cisl e Uil è nota. I sindacati chiedono di congelare ’la scala mobilè che automaticamente sposta in là l’uscita, per ripensare tutto il meccanismo, magari con diverse finestre a seconda del lavoro svolto. Una posizione appoggiata dal Parlamento, con uno schieramento bipartisan che ha visto insieme i due presidenti delle commissioni Lavoro, Cesare Damiano e Maurizio Sacconi (propongono di saltare un giro o rinviare l’aggiornamento, diluendolo: ogni 5 anni invece che 2).
Damiano aggiunge poi un altro elemento: «estendere il blocco» dei requisiti «alle platee che svolgono lavori gravosi», dalle maestre d’asilo agli infermieri, dagli operai edili ai macchinisti. E per lunedì è in programma un convegno il cui valore politico non può essere trascurato, vista la sede, il Pd, i partecipanti, i protagonisti della vicenda, e il timing, si tratta del primo faccia a faccia, che romperà il silenzio, tra i vertici di sindacato, governo e partito dall’avvio del dibattito sulla ’fase 2’. I capitoli da affrontare in questa tappa sono stati già delineati nell’accordo del 28 settembre. Qualche certezza quindi c’è e tra i pilastri vengono indicati la «pensione contributiva di garanzia» per i giovani, il rilancio della previdenza complementare con la parificazione tra pubblico e privato, l’eliminazione dei vincoli all’uscita a 63 anni per chi è nel contributivo, la «valorizzazione» del lavoro di cura a fini previdenziali, ribattezzata ’bonus donnà, la rivalutazione degli assegni al costo della vita. Ma tra i punti compare anche: «Nell’ambito del necessario rapporto tra demografia e previdenza e mantenendo l’adeguamento alla speranza di vita, valutare la possibilità di differenziare o superare le attuali forme di adeguamento per alcune categorie di lavoratrici e lavoratori in modo da tenere conto delle diversità nelle speranze di vita». Si fa cenno, in particolare, a un rapporto Ocse che spiega come le cose cambino a seconda della ’classè a cui si appartiene (i benestanti vivono più a lungo). Il dossier mette in guardia i governi affinchè non penalizzino sul fronte previdenziale chi è già svantaggiato. L’Ape social in qualche modo va in questa direzione e visti i risultati, gli occhi sono puntanti a quello che si preannuncia come un boom di domande, potrebbe essere anche la strada attraverso cui dare tutele e flessibilità. Dopo il summit al largo del Nazareno forse le posizioni saranno più chiare, anche se il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha spiegato più volte come sull’argomento occorra attendere i dati dell’Istat sull’aspettativa di vita (arriveranno tra settembre e ottobre). Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ha già fatto sapere che la flessibilità «deve essere la strada maestra». Delle differenze tra lavori e della necessità di «premiare i più deboli», ha parlato Maurizio Petriccioli della Cisl. E per la Cgil Roberto Ghiselli ha avvertito: «non è pensabile aspettare l’autunno». Sono giorni intensi, anche per altre scadenze: oggi scade il termine per fare richiesta di Ape, lunedì prende il via il Bonus Asilo Nido, ed è facile immaginare si tramuti in una sorta di click day, mentre mercoledì c’è il primo tavolo sul rinnovo del contratto degli statali.
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