La scrittice americana Edith Wharton (1862-1937) nel suo celebre "Italian Backgrounds", New York, Charles Scribner's, 1905, aveva riassunto in una felice definizione le peculiarità del paesaggio della campagna toscana tra Sangimignano e Volterra, prediletto dalla cultura anglosassone: "Il paesaggio toscano non possiede la vana prodigalità, nè gli stravaganti parossismi di quello che si dice un bel paesaggio e allo stesso tempo non presenta alcuna scontata vastità, ma la stessa reticenza delle sue linee delicatamente modellate, il suo apparente disdegno di facili effetti gli conferiscono quasi la qualità di un'opera d'arte, lo fanno apparire come il coronamento di secoli di espressione plastica".
Collocato al centro della Toscana, il territorio della Val d'Elsa (SI), rappresenta per coloro che intendano trascorrere un viaggio esperenziale, non solo la meta ideale per visitare città d'arte di fama mondiale come Firenze, Siena, Pisa, Lucca, San Gimignano e Volterra, ma anche un posto per riscoprire ricchezze naturali, paesaggistiche e gastronomiche di indiscusso valore.
L'importanza strategica della Val d’Elsa sta tutta nei suoi percorsi. E’ contemporaneamente la porta del mare, il sentiero del sacro, l’arteria che fa scorrere la toscanità da Firenze a Siena.
Deve il suo sviluppo alla Via Francigena e la sua propensione all’economia sostenibile che è un continuo e armonico produrre (vino, olio, ma anche cristallo e meccanica, carta ed elettronica, ceramica e mobili) proprio all’incontro che si realizza lungo gli itinerari.
Come il fiume, l’Elsa bizzarra, ha plasmato l’orografia, così il fiume degli uomini in cammino nei millenni ha plasmato il paesaggio, i borghi e il carattere. La storia si diverte spesso a giocare con le contraddizioni apparenti: e così se la Val d’Elsa è stata prima di tutto una via, negli ultimi cent’anni ha vissuto appartata perché penetrarla significa deviare dagli itinerari toscani più consueti. Questa sua riservatezza l’ha preservata e ancor più ingentilita in forza dell’ansia di continuare a ospitare che non è mercantilismo turistico, ma disponibilità all’incontro.
Concentra in sé tutte le caratteristiche distintive dell’identità toscana che sono l’arte, il buon mangiare e il meglio bere, il paesaggio, le dimore contadine e definisce con nettezza le proprie identità particulari, per dirla con Machiavelli che visse non distante da qua.
Difficilmente in un'altra parte d’Italia la storia è d’attualità come in Val d’Elsa. E non solo per le architetture che residuano intatte in almeno quattro luoghi cospicui: San Gimignano, Monteriggioni, Colle e Casole. In Val d’Elsa la storia è un libro vivo, sfogliarne le pagine è ragionare con la gente, è inebriarsi dei profumi, è satollarsi dei sapori, è incantarsi dei paesaggi.
Vi sono due luoghi dove questo contatto spazio-temporale a ritroso è più percepibile, perché forse meno eclatanti sono le architetture: Casole e Radicondoli respirano ancora dei tempi naturali del contado. Hanno mura e “chiassi”, ville romane e dimore campestri, hanno soprattutto un interiore metronomo che è il ritmo della tradizione.
“Chi entra in Toscana si accorge subito di entrare in un paese dove ognuno è contadino. Ed essere contadino da noi non vuol dire soltanto saper vangare, zappare, arare, seminare, mietere, vendemmiare: vuol dire sopra tutto saper mescolare le zolle alle nuvole , fare tutta una cosa del cielo e della terra. In nessun luogo, dirò, il cielo è così vicino alla terra come in Toscana...”.
Questo paesaggio così gentile, così “femminile” come lo descrisse Curzio Malaparte in “Maledetti toscani” che vedeva tutto il resto delle sua terra come profondamente maschile, è tutto da scoprire. Incastonato tra luoghi celeberrimi, queste colline, questi paesi restano quasi nascosti , lontano dal turismo dei grandi numeri, ma riservando vere e proprie sorprese al turista slow, come nel caso del Museo Civico Archeologico e della Collegiata di Casole d'Elsa.
Tra dolci pendii boscosi e sinuose colline, si erge uno dei baluardi della storia e dell'arte senese: l'antico Castello di Casole. Si sale con placida lentezza lungo la strada delimitata da cipressi, che raggiunge la sommità del colle dove si trova il Belmond Castello di Casole. La parte più antica della struttura risale al X° secolo (la torre è datata 998) quando qui c’era un piccolo borgo con forno, chiesa, mulino, magazzino per il vino e per l’olio, ma gli scavi archeologici nei primi decenni del 1800, voluti dalla famiglia Bargagli, proprietaria della tenuta, hanno portato alla luce reperti etruschi di grande importanza, uno fra tutti la Testa Bargagli, ora conservata al Museo Civico Archeologico e della Collegiata di Casole d’Elsa. Lo chef Daniele Sera di madre fiorentina e di padre ligure, con grandi esperienze in Italia e all’estero, quando ha avuto l’occasione di venire qui non ha avuto dubbi “Castello di Casole è un posto in cui la vita segue i ritmi semplici del sorgere e del calare del sole e i sapori sono quelli genuini della terra. Nella tenuta produciamo olio e vino (Castello di Casole riforninsce di questi due prodotti i Belmond italiani) e presto avremo anche un grande orto dove coltivare gli ingredienti per la cucina. Quest’anno per la prima volta, avremo il nostro miele millefiori per le colazioni e per i dolci”.
Il simbolo del miracolo turistico ed economico di questo piccolo comune senese, è il Castello di Casole, a Querceto. Un luogo storico e magico che nel 2005 conquista David Burden, AD del gruppo Timbers Resorts, con 12 strutture in località di lusso americane e clienti del calibro di Michelle Obama, Barbara Streisand, Paul McCartney, U2, Gwyneth Paltrow. La società trasforma il Castello di Casole in un progetto di sviluppo immobiliare di lusso capace di dare lavoro a 200 persone. Risalente al X° secolo, allora eretto e chiamato Castello di Querceto, durante il 1800, fu la nobile famiglia Bargagli di Siena a unificare le proprietà intorno. Poi ci fu una fase di abbandono e un nuovo recupero. Negli anni ’60, la tenuta fu acquistata dal conte Edoardo Visconti di Modrone Erba, che con il fratello Luchino, ospitò stelle del cinema e del jet set internazionale.
Nel 2005 il colpo di fulmine di Burden e un investimento che supera i cento milioni di euro per ripristinare il castello e alcuni stabili e realizzare un hotel-boutique a cinque stelle, con 41 suite. E 28 casali sparsi sulla vallata, venduti a singoli clienti o in quote, in comproprietà, nella formula del Private Residence Club, che dà accesso a tutti i servizi e le strutture della tenuta: dalla scenografica piscina a sfioro con la vista mozzafiato sulla Val d’Elsa, alla Spa, al Bar Visconti, al raffinato ristorante Tosca e al più rustico Piazza. Un posto di lusso, ma non fuori dalla realtà. Anzi. Pienamente dentro il contesto di Casole. Sono quasi tutti di qui i dipendenti, oltre alle signore di mezz’età depositarie delle ricette delle nonne, che tengono lezioni di cucina alle americane aspiranti cuoche.
Cuor di Toscana, pulsante e sorprendente, amabile e attraente, Casole d’Elsa, fra Firenze e Siena, conquista. Numeri alla mano. Nel 1995, contava 2600 residenti. Oggi è una comunità di quasi 4.000 abitanti, con una popolazione scolastica in aumento, un settore turistico qualificato, un’ottima rete di servizi.
Il segreto? "Una grande passione e delle risorse straordinarie da mettere a frutto", dice il sindaco Andrea Pieragnoli. Settanta operatori, 1.700 posti letto, 150mila presenze nel 2012 (+27%). Un paese del buon turismo premiato con la "Bandiera arancione" dal Touring Club Italiano.
Qui a Casole d'Elsa Silvia Livoni Colombo ha istituito Terre di Casole Bike Hub, che prevede percorsi ciclistici con livello di difficoltà variabile potendo godere di una ideale stagione ciclistica da marzo a metà novembre, sempre circondati dal tratto distintivo dei suggestivi scenari e stupendi paesaggi della campagna toscana, divertendosi con: Mountain bike con sentieri segnalati e cartografia. Bici da corsa per ripercorrere, nella terra dei campioni, gli stessi itinerari di importanti gran fondo e gare storiche. Cicloturismo ed e-bike Sentieri tracciati e strade a bassissima percorrenza si prestano per coloro che desiderano visitare la Val d’Elsa in modalità slow anche con biciclette a pedalata assistita, fermandosi nei punti di interesse culturale ed enogastronomico.
Terre di Casole Bike Hub è un progetto innovativo che offre una rete di servizi diffusi per il ciclista attraverso il coinvolgimento di tutto il territorio:
Il Comune di Casole d’Elsa, che garantisce la “bike lounge”, un punto d’incontro per ciclisti nel centro del paese, l’informazione e la sicurezza, la manutenzione delle strade, la segnaletica, i codici di comportamento ed una rete di cardioprotezione che copre tutto il territorio.
Le strutture di hospitality, dalle più semplici agli hotel di lusso, con servizi a misura di ciclista per soddisfare ogni esigenza e desiderio.
Le aziende partners, che garantiscono il supporto tecnico. La singolarità del bike hub è data dalla comunità di Casole d’Elsa che riserva al viaggiatore “sorriso ed accoglienza” lungo tutti i percorsi e, attraverso un sistema di segnaletica capillare lungo le strade, mostrerà al ciclista i luoghi dove ricevere un semplice bicchiere d’acqua, il ristoro, l’assistenza professionale ed il riposo al termine della giornata.
Un posto che piace, in cui la gente ritorna. E spesso ci resta. Per perdersi fra colline variopinte, vigneti profumati e serafici uliveti. Come l’artista Linda Leupold che lungo il corso principale ha aperto un laboratorio di pittura per insegnare ai bambini a dipingere. Dall’olio ai… vinarelli, gli acquerelli al vino. Una storia per tante storie.
O Nigel Konstam, classe 1938, scultore veterano con oltre 60 anni di esperienza, proprietario e fondatore del Centro d'Arte Verrocchio che vive e lavora qui tutto l'anno. E' ancora un insegnante meraviglioso, umile e paziente, che ha ispirato i principianti a scoprire la gioia di intagliare e modellare. Ha avuto alcuni studenti incredibilmente grati nel corso degli anni che hanno scoperto e sviluppato le loro abilità, compresi scultori altamente affermati non solo in Italia.
Merita di sicuro una visita questo borgo prezioso che riesce a far fermentare le migliori energie, promuovendo innumerevoli iniziative culturali. Una su tutte: il Museo Civico Archeologico e della Colleggiata con pezzi pregevoli della civiltà etrusca e dipinti medievali e rinascimentali.
L'itinerario del Museo permette di apprezzare due distinti nuclei di opere dedicate alle figure oiriginali di Casole: Alessandro Casolani e Augusto Bastianini, di cui merita d'essere citata la stupenda Mostra del 2014 "L'Arte di Augusto Bastianini (1875-1938), tra ritratti, pittura dei campi e liriche'impressioni'", su ideazione e progetto di Patrizia La Porta, Direttore del Museo.
Indiscusso protagonista della pittura senese a cavallo tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, Alessandro Casolani (1552-1607) fu un colorista d'eccezione capace di armonizzare toni di grande originalità. Con la "Natività della Vergine", eseguita dopo il 1581 per la Chiesa di San Domenico a Siena, si confermò un primatista della pittura in città, dimostrandosi maestro nell'indagare "gli aspetti di un'umanità felice e gioviale, attingendo a modelli di bellezza risalenti al Parmigianino e di attrarre con un colorito caldo e chiaro, ben definito da un limpido lume".
Augusto Bastianini (1875-1938) fu professore all'Accademia di Belle Arti di Firenze nella prima metà del Novecento. Eccellente ritrattista, interpretò il paesaggio toscano con accenti di profonda introspezione psicologica. Artista particolarmente versatile, Bastianini mise a frutto la pratica accademica nei dipinti giovanili a soggetto storico. Tra le sue opere più famose non mancano quelle con evidenti richiami alla pittura degli anni sessanta dell'Ottocento: dagli interni d'intonazione più intima come "Due bambine" che ricordano la Scuola di Piagentina, ai bozzetti dai tipici contrasti della scuola macchiaiola. All'interno del percorso di Bastianini la rappresentazione del lavoro nei campi senesi costituì un tema centrale e di punta tra la fine del primo e il secondo decennio del Novecento. Evidenziò il duro lavoro dei braccianti, in un rapporto però privo di denuncia sociale, tendente a valorizzare l'armonia tra la natura benevola e l'uomo che la percepisce come "unica speranza" di vita dura ma dignitosa, come i "Renaioli d'Arno", capolavoro della sua maturità artistica.