A partire dal 5 ottobre e fino al 25 gennaio 2026 il Museo d’Arte di Mendrisio ospita due mostre monografiche complementari dedicate a due grandi protagonisti della grafica del Novecento: lo spagnolo Pablo Picasso e lo svizzero Markus Raetz. Due artisti, apparentemente lontani, le cui affinità nutrono la base del doppio progetto: entrambi hanno fatto della sperimentazione calcografica un capitolo fondamentale e mai secondario della loro ricerca, considerandolo un ambito creativo strettamente intrecciato al resto della loro produzione e per entrambi la grafica è stata luogo di sperimentazione. Le incisioni per Picasso costituiscono una parte importantissima della sua produzione, basti pensare che ha prodotto circa 2500 lastre, facendo uso di molteplici tecniche fatta eccezione per quella del bulino, mentre Markus Raetz, che gode di una vastissima produzione artistica con oltre 1600 opere tridimensionali, più di 30.000 disegni e 401 stampe, si è specializzato nelle incisioni con il bulino. Una tecnica questa che affonda le sue radici nell’arte orafa del XV secolo, che ha permesso di creare capolavori indiscussi ad artisti come Mantegna, Durer, Goltzius o Melan. e che deve il suo nome allo strumento che viene utilizzato per incidere una matrice metallica, il bulino, un piccolo scalpello affilato dotato di una punta a losanga che permette di tracciare linee estremamente nette e precise.
Attraverso 240 opere esposte negli spazi del museo svizzero, il pubblico può entrare in contatto con lavori raramente mostrati, puntesecche, acqueforti, linoleografie, litografie e acquetinte di Picasso, e 90 incisioni a bulino di Raetz realizzate tra il 1994 e il 2017, in un percorso che offre una visione completa e approfondita dell’arte grafica.
La mostra si apre con una sezione dedicata a Picasso, organizzata in otto aree tematiche (ritratti e figura umana, tauromachia, mitologia, d’après, animali, natura morta, atelier, eros e morte), all’interno delle quali si possono riconoscere i diversi stili e tecniche grafiche usate dall’artista nei vari momenti della sua carriera.
Ad accogliere il visitatore nel grande salone d’entrata quasi 50 opere raccontano il Picasso ritrattista, in una suddivisione in ulteriori sottocapitoli: dall’e voluzione cubista, al naturalismo, dal surrealismo alle linoleografie di grande formato, per concludersi con una carrellata di volti delle persone a lui più care. La sala successiva, dal tono più festoso, è dedicata alla mitologia, tema che Picasso usa per esplorare le condizioni universali dell’essere umano. Vi compaiono figure come fauni, baccanali, centauri, amazzoni e soprattutto il minotauro, simbolo con cui l’artista si identifica per esprimere il conflitto tra uomo e bestia, ragione e istinto, ordine e caos.
A seguire uno spazio dedicato alla tauromachia, tema espressione del profondo amore di Picasso per la sua terra, usato anche dall’artista per tradurre i conflitti dell’esistenza umana, poiché il toro in un continuo movimento di danza diviene simbolo della lotta per la vita, nonchè sfida alla morte. Da segnalare in questa sezione è la presenza di due acquetinte del 1937 coeve alla Guernica appartenenti alla serie “Sueno y Mentira de Franco”, incisioni che tripartiscono i fogli alla maniera di fumetti in cui viene deriso il dittatore spagnolo e in cui Picasso sviluppa temi presenti in Guernica. Agli animali è stato dato un ampio spazio nella mostra, poiché per Picasso a livello iconografico rivestono un’im portanza pari a quella data agli umani. Accanto alla civetta è presente, nella celebre litografia del 1949, la colomba, scelta da Louis Aragon come manifesto del primo Congresso Universale della Pace svoltosi a Parigi e da allora diventata iconica.
Un’altra sala è dedicata al tema del rapporto tra l’artista e la modella, in cui gli archetipi di riferimento sono Gustave Courbet de l’Atelier du peintre e Diego Velasquez con il quadro La Meninas. In una successiva sezione dedicata alle nature morte, omaggiando Goya e Cezanne, Picasso torna a citare se stesso con una splendida linoleografia a colori “Nature morte a la suspension”, in cui ritorna ancora una volta la sua famosa lampadina, elemento cardine che rimanda al sacrificio di Guernica. L’esposizione si conclude con un Picasso maturo, dai nudi alle scene erotiche fino ad esempi del suo ciclo più famoso “Suite 347”, realizzata a 87 anni nel 1968, producendo fino a 7 lastre al giorno. L’arti sta si confronta in questa serie con la morte imminente e come un diario per immagini le opere che la compongono contengono di tutto, dai programmi televisivi del tempo, alle donne amate dall’artista, agli amici, ai personaggi dell’opera e della cultura popolare. E’ una narrazione visiva in cui Picasso racconta l’intera sua vita come un atto di sfida alla vecchia, una dimostrazione di immortale vitalità.
Se poco si deve raccontare sull’espe rienza biografica di Picasso, sicuramente è necessario conoscere meglio Markus Raetz, una delle figure più originali e poetiche dell’arte contemporanea svizzera e internazionale. Nato a Berna nel 1941, Markus Raetz mentre frequenta la scuola magistrale si avvicina all’arte tradizionale frequentando l’atelier dell’artista ticinese Peter Travaglini, mostrando il suo desiderio di sperimentare e di trovare maniere inedite di produrre immagini. A partire dagli anni Sessanta si accosta all’arte astratta, sperimenta il tachisme e l’action painting per poi approdare, dopo aver lasciato l’insegnamento nel 1963, all’arte concettuale. A partire dagli anni Settanta si concentra sulla grafica attraverso lo studio dell’acqua forte e dell’acquatinta. Sperimenta la tecnica del bulino, ormai maturo, a cinquantatre anni, nel 1994, quando viene invitato a realizzare per la Chalcographie du Louvre un’opera destinata ad arricchire le collezione del museo e a mantenere viva la tradizione e la conoscenza delle varie tecniche calcografiche. Nei decenni successivi l’ambito dell’incisione e della stampa diventano per Raetz lo spazio privilegiato per rielaborare e espandere la ricerca attorno al fenomeno della percezione, elemento che contraddistingue tutta la sua carriera e che lo porta a creare opere sorprendenti, capaci di trasformarsi a seconda del punto di vista dello spettatore. Per questa ragione nel percorso espositivo i curatori Francesca Bernasconi e Rainer Michael Mason hanno scelto di includere una serie di opere tridimensionali e di disegni che sottolineano la continuità della ricerca artistica di Raetz. La mostra di Mendrisio consente di osservare come il rapporto dell’artista con la tecnica del bulino si trasformi nel corso degli anni rivelando una continua tensione tra metodo e immaginazione. Al piano terreno dell’esposi zione a introdurre questa tecnica è stato allestito un filmato inedito che mostra Raetz che incide una delle sue opere, poi presente in mostra. L’e sposizione dedicata all’artista svizzero prende il via con un monumentale disegno realizzato dallo stesso agli inizi degli anni Settanta durante un periodo trascorso in Ticino. L’o pera riunisce più fogli dedicati allo stesso motivo, un profilo incorniciato in una folta chioma mossa dal vento, che poi nei riquadri successivi, come una sorta di close up, va a occupare interamente la superficie tramutandosi in un flusso, in un accavallarsi di onde. L’accostamento di linee sinuose è un motivo che compare continuamente nelle opere di Raetz che l’artista ritorna a esplorare proprio quando inizia ad accostarsi alla tecnica del bulino. Da sempre interessato all’ambivalenza delle immagini egli sperimenta con due tipi di inchiostrature, andando a creare con un’u nica lastra due immagini complementari, una positiva e una negativa. L’al lestimento procede con un ambiente dedicato a una serie di incisioni realizzate nel corso degli anni Novanta che dimostrano quanto sia stato fecondo il breve periodo di formazione alla tecnica del bulino. Maetz si cimenta con diversi soggetti, forme geometriche, figure, tratti del volto e composizioni astratte che gli permettono di dimostrare l’essenza della linea (dai tracciati più sottili a tracciati più larghi), così come le differenti strutture incise (incroci, solchi paralleli, incisioni puntiformi). Entrando nel terzo ambiente si è accolti da una struttura che appartiene al gruppo più famoso delle opere di Maetz: le sue creazioni metamorfiche, opere che si completano con l’interazione degli spettatori. Nell’ultimo salone e nel corridoio adiacente è presentato per la prima volta nella sua integralità il portfolio “Das dunnste Loch”, pubblicato postumo nel 2023. La parete centrale del salone è dedicata al cuore di questo insieme: una sequenza di stanze di piccole dimensioni al cui interno si sviluppano mondi e visioni che sembrano senza soluzione di continuità. In queste opere si ritrovano i temi e i motivi che contraddistinguono la produzione di Raetz, così come i riferimenti alla storia dell’arte e ai maestri dell’arte dell’incisione come Durer, Morandi e i maestri giapponesi delle stampe.
Per la prima volta in mostra sono presenti una serie di elementi, parallelepipedi, cilindri, coni, gocce che muovendosi riflettono in maniera diversa la luce acquistando di volta in volta volumi e profondità diverse, per poi tramutarsi in linee sottili o in figure piane disseminate nello spazio. Compagine questa che si trova disseminata in molti universi messi in scena dall’artista nel portfolio “ Das dunnste Loch”. Tra le tante opere, intrigante è la presenza di un tronco di cono ricurvo sospeso in una nube, interpretabile come un rimando alle cavità che popolano molti dei bulini di Raetz. Nella ricchezza della sua opera Markus Raetz sembra invitare lo spettatore a lasciarsi stupire dalle visioni sorprendenti, che i miriadi di segni che ha tracciato lasciano immaginare. A completare la mostra due ricchi cataloghi documentano i caratteri salienti della produzione dei due artisti.

