Lunedì 12 maggio 2025, ore 7:22

Attualità

Nel 2024 sale al 23% la quota di popolazione a rischio povertà

La questione salariale resta al centro del dibattito politico. Anche perché i dati che arrivano dagli osservatori internazionali e nazionali confermano che in Italia la classe media e le fasce a basso reddito sono in forte difficoltà. Dopo che l’Ilo ha sottolineano che i lavoratori italiani non hanno mai recuperato il potere d’acquisto perso dopo la grande recessione del 2009, l’Istat sottolinea che nel 2024 è salita la percentuale di popolazione a rischio povertà o esclusione sociale: dal 22,8% del 2023 passa a 23,1%. In particolare, spiega l’Istituto di statistica, la quota di individui a rischio di povertà resta invariata (18,9%) così come quella di chi è in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,6% rispetto al 4,7%) ma c’è un aumento del numero di individui in famiglie a bassa intensità di lavoro (da 8,9% a 9,2%). Inoltre, ed è questo uno dei dati più allarmante, nel 2023 il reddito annuale medio delle famiglie (37.511 euro) aumenta in termini nominali (+4,2%) e si riduce in termini reali (-1,6%) “a causa dell'inflazione”. Nel 2024, come è noto, c’è stato un lieve recupero del potere d’acquisto ma insufficiente a compensare le forti riduzioni degli ultimi anni.
La diminuzione dei redditi reali registrata nel 2023 è particolarmente intensa nel Nord-est (-4,6%) e nel Centro (-2,7%), a fronte di una lieve riduzione osservata nel Mezzogiorno (-0,6%) e di una debole crescita nel Nord-ovest (+0,6%). Rispetto al 2007, la contrazione complessiva dei redditi familiari in termini reali è pari, in media, a -8,7% (-13,2% nel Centro, -11% nel Mezzogiorno, -7,3% nel Nord-est e -4,4% nel Nord-ovest). Inoltre, la flessione dei redditi è stata particolarmente intensa per le famiglie la cui fonte di reddito principale è il lavoro autonomo (-17,5%) o dipendente (-11,0%), mentre per le famiglie il cui reddito è costituito principalmente da pensioni e trasferimenti pubblici si registra un incremento pari al 5,5%.
Di fronte a questi dati, parte del sindacato e parte dell’opposizione, segnatamente il Pd, rilanciano la necessità dei rinnovi contrattuali. “È importante intanto rinnovare i contratti - torna a ribadire la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola -. Mai, come questa volta, sono state messe a disposizione risorse ingenti per i rinnovi contrattuali che arrivano fino alla scadenza del 2030. Noi siamo per rinnovare i contratti. Noi questo vogliamo portare a casa - aggiunge - il miglior risultato che il tempo che viviamo ci offre”. Sarebbe sbagliato, spiega ancora la segretaria generale della Cisl, “negare ai lavoratori e alle lavoratrici degli incrementi che possono già avere da subito se si firmassero i contratti”. Per rinnovare i contratti, per fare interventi strutturali sul fisco, sul lavoro, sulle politiche sociali, Fumarola invita politica e parti sociali a “unire le forze per tirar fuori il Paese dalla crisi”.
Intanto, sempre sul fronte delle politiche salariali, il Mef interviene per correggere il caos-Iperf. Gli acconti Irpef per il 2025, ha assicurato il ministero dell’Economia, saranno calcolati in base alle nuove aliquote introdotte dalla riforma del Fisco. Il Mef ha chiarito l'interpretazione della norma contestata dalla Cgil e assicurato che interverrà “anche in via normativa per consentire l'applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell'acconto”.
“L'intervento - ha assicurato il ministero - sarà realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento” e, secondo quanto di apprende, dovrebbe risolversi con l'abrogazione della disposizione. 
Ilaria Storti

( 26 marzo 2025 )

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