Lunedì 12 maggio 2025, ore 17:48

Lavoro

La lunga diaspora dei giovani italiani

Anche se l’Italia non è più terra di grandi emigrazioni all’estero, come lo è stata per decenni nell’Ottocento e nel Novecento, il nostro resta un Paese da cui una percentuale rilevante di giovani, spesso con un alto livello di istruzione, fugge. Il trend, ormai consolidato, non è stato minimamente scalfito negli ultimi anni. Le misure, un po’ deboli, per provare a far rientrare i giovani emigrati, finora, hanno fallito. I dati sono preoccupanti. Secondo un report presentato dalla Fondazione Nord Est al Cnel, per ogni giovane che arriva in Italia dai Paesi avanzati, otto italiani vanno all’estero. In tredici anni, dal 2011 al 2023, circa 550mila giovani tra i 18 e 34 anni sono emigrati. Si stima che al capitale umano uscito corrisponda un valore di 134 miliardi. 
Non riusciamo a trattenere i nostri giovani e, soprattutto, non riusciamo a compensare le partenze con gli arrivi. Siamo poco attrattivi rispetto ai Paesi Ue più ricchi. L’Italia è all’ultimo posto per capacità di attrazione di giovani: accoglie solo il 6% di migranti europei, contro il 43% della Svizzera e il 32% della Spagna.
Molti giovani italiani vanno via per ricercare migliori opportunità lavorative (25%), ma anche per studio e formazione (19,2%) e per cercare una qualità di vita più alta (17,1%). Il 10% invece è alla ricerca di un salario più alto. E accade soprattutto al Nord Italia, dove il 35% dei giovani residenti è pronto a trasferirsi all’estero. E il trasferimento paga. Secondo il rapporto, quasi l’80% degli expat è occupato, contro il 64% di chi è rimasto.
L’emigrazione dei giovani qualificati e istruiti aggrava, tra le altre cose, il grave problema di mismatch tra offerta e domanda di lavoro che caratterizza il nostro mercato. Il 58,2% di chi è andato a lavorare all’estero, infatti, svolge ruoli che nel nostro Paese le aziende faticano a coprire: professioni qualificate nei servizi, operai specializzati e semi-specializzati. I giovani, come detto, una volta emigrati faticano a rientrare. Il benessere percepito, la visione del futuro e la condizione professionale sono i fattori che spiegano perché il 33% degli expat intende rimanere all’estero, a fronte del 16% che prevede di tornare in Italia, principalmente per motivi familiari. Inoltre, il 51% dei professionisti all’estero è aperto a trasferirsi dove si presenteranno le migliori opportunità lavorative. Ovviamente, a emigrare non sono solo i giovani. Secondo gli ultimi dati Istat, quasi mezzo milione di italiani sono emigrati nel triennio 2022-2024. Un trend che ha subito una accelerazione dopo la pandemia. Nel 2024 infatti i residenti che si sono trasferiti oltre confine sono stati 191mila, in aumento del 20% sul 2023, quando gli emigrati all'estero erano stati 158mila. Si tratta del valore più elevato finora osservato negli anni Duemila.
L’aumento - fa sapere Istat - è per lo più dovuto all'impennata di espatri di cittadini italiani (156mila, +36,5% rispetto al 2023) che si dirigono prevalentemente in Germania (12,8%), Spagna (12,1%) e Regno Unito (11,9%), mentre circa il 23% delle emigrazioni degli stranieri dall'Italia è riconducibile al rientro in patria dei cittadini romeni. 
A emigrare di più all’estero sono i cittadini settentrionali. Va però detto che il Nord “compensa” attraendo migranti interni che provengono dal Sud. Gli espatri all'estero dei cittadini meridionali, invece, si sommano ai trasferimenti al Nord Italia. Due fattori che, combinati, stanno accelerando lo spopolamento del Mezzogiorno.
Ilaria Storti

( 12 maggio 2025 )

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