La scelta del neoeletto Vescovo di Roma di assumere il nome di Leone XIV ascrive saldamente il suo pontificato nel solco della dottrina sociale della Chiesa. Che prese avvio proprio con l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, pubblicata il 15 maggio del 1891. Nella temperie della seconda rivoluzione industriale, con quella enciclica l’ultimo papa dell’Ottocento tracciò gli orientamenti per risolvere la questione sociale di allora, che il consolidamento del sistema capitalistico aveva drammaticamente inasprito a svantaggio dei lavoratori salariati. In un periodo in cui gli effetti della depressione economica iniziata nel 1873 non risultavano ancora superati, la carica antiliberista dell’enciclica emergeva chiaramente dall’analisi delle cause del conflitto sociale: «Infatti accadde che, soppresse nel secolo scorso le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire al loro posto, mentre le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano – a poco a poco le circostanze hanno consegnato gli operai soli e indifesi alla disumanità dei padroni e alla sfrenata cupidigia degli imprenditori » ( par. 2). D’altra parte, la critica ai limiti evidenti della società liberal capitalistica si accompagnava alla condanna, ancor più esplicita, della soluzione socialista, che divenne il principale bersaglio polemico di Leone XIII. La Rerum Novarum contrastava l’ideologia marxista, che aveva individuato nella lotta di classe la strada per l’elimina zione delle ingiustizie sociali, indicando nella collettivizzazione dei mezzi di produzione il rimedio per preservare il lavoro dallo sfruttamento. A tale soluzione, invece, la prima enciclica sociale contrapponeva l’armo nizzazione degli interessi contrapposti, secondo il principio del bene comune. In un orizzonte collaborativo, veniva privilegiata una soluzione organico corporativa del conflitto sociale. La quale veniva proposta con il fine di ricomporre un tessuto sociale gravemente sfaldato in due classi contrapposte, i cui rapporti erano caratterizzati dalla supremazia che la minoranza dei proprietari dei mezzi di produzione esercitava sulla maggioranza dei lavoratori salariati. Sulla base di un sistema comune di regole, la soluzione della questione operaia veniva affidata alle stesse parti sociali: di qui la forte difesa della libertà dei lavoratori di unirsi in sindacati e associazioni al fine di tutelare i loro diritti. In una logica di armonizzazione degli interessi, dunque, emergeva ( allora soltanto in nuce) la definizione di una soluzione partecipativa alla questione sociale. Tuttavia, il concetto della partecipazione dei lavoratori nell’impresa non venne mai definito esplicitamente nella Rerum Novarum, rimanendo soltanto implicito nel disegno di collaborazione tra le classi sociali tratteggiato da Leone XIII. Successivamente, invece, tale proposta avrebbe caratterizzato la maggior parte delle altre encicliche sociali. Dalla Quadragesimo anno del 1931 di Pio XI alla Mater et Magistra di Giovanni XXIII; dalla Laborem exercens di Giovanni Paolo II alla sua successiva Centesimus annus, così denominata in quanto pubblicata proprio a cento anni dalla Rerum Novarum. Sebbene elaborate in epoche sociali diverse, tutte queste encicliche condividono una comune concezione del lavoro e dell’impre sa; considerando il lavoro come espressione, affermazione e sviluppo delle facoltà personali, tale da portare al perfezionamento della persona; concependo il lavoratore come un protagonista attivo dell’organizzazione produttiva, nella rappresentazione dell’impresa come comunità di uomini e non, invece, come semplice società di capitali: un mero e asettico “ pac chetto di azioni”, così come avrebbe avuto modo di denunciare Jhon Maynard Keynes.
Oggi, nella società polverizzata in cui viviamo, caratterizzata da una forte pervasività della tecnologia, quali sono le questioni sociali che il nuovo Magistero petrino è chiamato a dirimere? La risposta è giunta direttamente da Papa Prevost, in occasione dell’incontro con i cardinali avvenuto il 10 maggio scorso: « Oggi la Chiesa è chiamata a rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro » . Dunque, come Leone XIII delineò una soluzione alla crisi degli operai vittime dell’industrializzazione selvaggia di fine Ottocento, così Papa Leone XIV è chiamato a trovare un punto di incontro tra i benefici dell’intelligenza artificiale e l’esigenza di salvaguardare il lavoro, insieme alla dignità di chi lo esegue, che dall’appli cazione di questa tecnologia può subire un forte nocumento. D’altra parte, l’AI è stata indicata come una delle questioni più critiche che l’umanità è chiamata ad affrontare. Non soltanto per le conseguenze negative che può determinare sull’occupa zione, ma anche per le problematiche di tipo etico che porta con sé; si pensi, per esempio, al tema della responsabilità delle decisioni che prendono gli algoritmi. È chiaro quindi che di fronte alla tendenza alla marginalizzazione di alcune professioni che questo tipo di tecnologie tende a realizzare, occorre riaffermare la centralità del lavoro, inteso come caposaldo della persona e quindi della società. D’altra parte, il modello di sviluppo tecnologico preferibile, a cui in un recente intervento prima di essere eletto Papa il cardinale Prevost si richiamava, è quello orientato al servizio dell’uomo e del bene comune. Dunque, la prossima enciclica di Leone XIV, che qualcuno ha già definito la Rerum Digitalium, sarà orientata dalla critica alla dittatura del potere tecnocratico. Che tende a marginalizzare l’uomo, invece di servirlo. Gli effetti che ne conseguono sono il ritorno di nuove forme di povertà, di sfruttamento ( magari nascosto dietro la parvenza di attività lavorative autonome), di diseguaglianze economiche sempre più marcate, legate a fenomeni di concentrazione della ricchezza sempre più spinti e a un certo degrado di alcuni equilibri ambientali. A pensarci bene, insomma, le problematiche odierne erano già presenti, mutatis mutandis, nella società lacerata che si presentava durante il pontificato di Leone XIII. E tracciano, quindi, il solco nel quale si muoverà il Magistero del suo successore.
Saverio Scarpellino
Economista