Prosegue dunque il trend di crescente disaffezione dei cittadini. In questo caso soprattutto sbagliati nel metodo e nel merito.
Come ha ricordato la segretaria generale della Cisl in occasione del congresso della Felsa, ”oggi in Italia abbiamo un problema di qualità del lavoro, non di quantità. E quando parliamo di qualità, intendiamo realizzare quegli obiettivi che possano migliorare il rapporto di lavoro a partire dai lavoratori atipici e con l'inclusione delle donne, dei giovani nel mercato del lavoro in forma stabile”. Soprattutto per le donne, aggiunge Fumarola, ”c'è bisogno di realizzare obiettivi che vanno nella direzione di servizi alla persona: asili nido, servizi verso la cura delle persone anziane spesso appaltati alle donne che sono costrette a rinunciare alla propria carriera e quindi magari a consegnarsi anche a part time involontari o a lavori precari che non danno certezza e non danno loro, appunto, una prospettiva di lavoro sicuro”. Per la numero uno del sindacato di Via Po ”occorre garantire pieno accesso al lavoro per le nuove generazioni è essenziale se vogliamo davvero contrastare la grande glaciazione demografica in atto. Bisogna investire di più nella formazione, nell'adeguamento delle competenze e nelle politiche attive, perché un giovane formato e orientato troverà il suo posto nel mondo del lavoro”.
Anche perché, come sottolineano in tanti, oggi mancano i lavoratori più che le offerte di lavoro, e i rischi di licenziamenti arbitrari da sanare con l’obbligo del reintegro si sono di conseguenza molto ridotti. Per questo cala la disoccupazione e anche la percentuale di contratti a tempo determinato (dal 17% al 13% in tre anni): perché le imprese tendono piuttosto a trattenere i loro dipendenti. I licenziamenti dei precari sono diminuiti di un quarto rispetto a prima del Jobs Act.
Dal punto di vista numerico il largamente mancato quorum è un fatto politico rilevante che deve far riflettere tutti. Intanto le opposizioni che escono oggettivamente sconfitte dal voto. Se l'obiettivo dei promotori era assestare un colpo al Governo Meloni, oggettivamente il responso appare molto chiaro: il Governo ne esce ulteriormente rafforzato e i leader di Pd, M5S e Avs ulteriormente indeboliti. I riformisti del Pd, insieme ai centristi di Italia Viva e di Azione, chiedono di evitare acrobazie assolutorie sui numeri (c’è chi afferma che ci sono stati più votanti di quanti legittimano il Governo attuale) e di guardare in faccia la realtà e il futuro senza inutili rese dei conti con il passato. Da parte sua il leader della Cgil Landini, promotore dei quesiti sul lavoro, sottolinea: obiettivo non raggiunto, ”ma sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata in un Paese che soffre di una crisi democratica evidente”.
Ma a riflettere deve essere anche la maggioranza che dopo aver fatto diventare legge l''autonomia differenziata punta ora ad approvare le altre due riforme obiettivo della legislatura: premierato e giustizia. Trovare soluzioni condivisi e nobili compromessi politici potrebbe evitare quelle che da decenni, con rarissime eccezioni, sono diventate ormai le forche caudine del referendum. E ormai è sempre più diffusa la convinzione che andranno riviste le regole, a partire proprio dalla ridefinizione di quorum, di questo storicamente importante ma ormai abusato strumento di democrazia diretta.
Giampiero Guadagni