Domenica 11 maggio 2025, ore 12:44

Attualità

Violenza sulle donne: le leggi da sole non bastano

La cronaca nera ne è piena, ciclicamente, e purtroppo con dei lassi temporali sempre più brevi: i delitti violenti perpetrati nei confronti di donne, o giovani donne, non sembrano calare.

Gli ultimi fatti di cronaca hanno scosso il nostro paese in questo periodo, da quando una ragazza è stata barbaramente uccisa dal suo ex fidanzatino, “un bravo ragazzo” che l’ha aggredita e uccisa con venti coltellate, caricata in auto e ne ha occultato il corpo. Dopo di che, dopo circa una settimana di fuga è stato trovato sulla corsia di emergenza di una autostrada europea senza benzina e soldi.

Questo è l’ultimo di una serie di delitti raccapriccianti che sono successi nel nostro paese. Ragazzi e uomini all’apparenza normali, che non avrebbero fatto male nemmeno a una mosca, a un tratto sono in grado di uccidere una donna. Lo Stato italiano non è rimasto inerte di fronte a questa serie di delitti, tant’è che fin dal 2013, più precisamente con il dl del 14 agosto 2013, numero 93, modificato dalla legge 119 del 15 ottobre 2013, è stata introdotta la cosiddetta legge sul femminicidio, che introduce nel settore del diritto penale sostanziale e procedurale una serie di misure preventive e repressive per combattere la violenza contro le donne per motivi di genere.

Il termine “femminicidio”, che deriva dall’inglese “femici de”, viene usato per la prima volta nel mondo giuridico nel 1992 dalla criminologa Diana H. Russel, per indicare le uccisioni delle donne da parte degli uomini per il solo fatto di essere donne. Ma solo nel 2009 questo termine è entrato a far parte della lingua italiana, e sempre più si è diffuso negli anni seguenti a seguito del proliferare del numero di casi che vedono donne uccise da uomini solo perché donne che non sottostanno alla loro volontà, casi che si registrano ogni anno in Italia talché è stato necessario introdurre nel nostro ordinamento giuridico la già citata legge del 2013, che se dai più viene riconosciuta come “legge sul femminicidio”, in realtà ha introdotto “nuove norme per il contrasto della violenza di genere che hanno l’obiettivo di prevenire il femminicidio e proteggere le vittime”, con lo scopo non solo di combattere la violenza sulle donne ma, più in generale, di contrastare la violenza di genere. Si badi bene che nel nostro codice penale non è stato introdotto nessun reato che punisca direttamente l’uccisione di una donna, tant’è che il femminicidio viene punito come un omicidio aggravato da circostanze che influiscono sulla determinazione della pena in peggio, circostanze che precedentemente non erano contemplate, come nel caso dello stalking, l’essere in stato di gravidanza, o il fatto che lo si subisca da parte del coniuge o dell'ex coniuge, o comunque da una persona con cui si abbia avuto una relazione duratura, o come nel caso di violenza sessuale se perpetrata nei confronti di un minore di diciotto anni, una donna in gravidanza o da una persona con la quale si era instaurata una relazione coniugale o affettiva. Oltre a ciò è anche prevista come misura precautelare l’al lontanamento d’urg enza dalla casa familiare, previa autorizzazione del Pubblico Ministero, nel caso la persona offesa abbia subito abusi reiterati, o nei casi di flagranza nella commissione di delitti in ambito familiare, quali: stalking, minaccia grave, violazione agli obblighi di assistenza familiare, abuso di mezzi di correzione o disciplina, prostituzione o pornografia a danno di minori e altri atti di violenza.

Nel 2019, con la legge 69 del 19 luglio, sempre con l’intento mirato da parte del legislatore di agire contro la violenza di genere, è stato introdotto il cosiddetto Codice Rosso, le cui principali novità sono state: il sostegno agli orfani di femminicidio; l’in troduzione dei reati di Revenge Porn e di sfregio del volto; il divieto di matrimoni imposti alle spose bambine e un aumento delle pene per tutti i reati di tipo sessuale, per i maltrattamenti in famiglia, per minaccia e stalking.

Quest’anno, a seguito dell’in cessante incremento dei reati di genere è stato introdotto il “Co dice Rosso rafforzato”, entrato in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il 15 settembre, sempre con il medesimo scopo che il legislatore ha avuto nel 2013 e nel 2019, quindi per contrastare la violenza di genere e garantire il supporto alle vittime. Le novità sono riguardanti principalmente aspetti di tipo procedurale, quali l’allunga mento dei tempi per sporgere denuncia, che passa da sei a dodici mesi nei reati di cui sopra, e il fatto che il PM è obbligato ad acquisire le informazioni sulle vittime di violenza domestica entro tre giorni.

Nonostante effettivamente nell’ultimo decennio la legge si sia decisamente e con fermezza inasprita per tutelare e proteggere le vittime di genere, in Italia ancora oggi il numero delle vittime di questi reati risulta essere ancora elevato, basti pensare che sulla base dei report annuali trasmessi dal Ministero dell’Inter no, a fronte di un calo degli omicidi totali negli ultimi quattro anni, c’è comunque stato un aumento delle vittime donne. Ciò dimostra che nonostante le leggi ci siano, queste, da sole, ancora sembrano non bastare: forse bisognerebbe intervenire a partire dall’educazione sentimentale e comportamentale fin dalle scuole elementari, iniziare, o meglio, tornare a quello che è il valore del rispetto. Insomma, basterebbe semplicemente essere più umani, anche tenuto conto del fatto che gli episodi di violenza contro le donne avvengono per la maggior parte nell’ambiente domestico e in molti casi a diventare i carnefici sono proprio coloro di cui le donne si fidano o che amano, come la figura del partner o dell’ex partner. Pertanto diviene anche necessario iniziare a imparare quali sono “i segnali” che devono iniziare a far preoccupare.

Secondo l’Istat “prevenire la violenza vuol dire combattere le sue radici culturali e le sue cause”. Per questo sono “essenzia li le strategie politiche mirate all’educazione, alla sensibilizzazione, al riconoscimento e alla realizzazione delle pari opportunità e in ogni ambito della vita pubblica e privata (...)”. L’obiet tivo è quello, dunque, di giungere a un pun,to in cui non esistano più stereotipi di genere che comunque sono una delle cause che creano condizioni favorevoli alla violenza maschile nei confronti delle donne, che nella maggior parte dei casi si manifesta attraverso violenze fisiche, ma che spesso inizia con violenza psicologica, che per una sorta di retaggio culturale si è abituati a tollerare, senza considerare che anche quest’ultima è un reato.

Isabella D'Ambrogio 

(Avvocato)

( 25 novembre 2023 )

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