Vent'anni di attesa per firmare il rinnovo del contratto collettivo nazionale delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche (tra l’altro solo per i periodi 2019-2021 e 2022-2024). Un risultato che sembrava non dovesse più arrivare, perseguito da lavoratori e sindacati in tutti i modi possibili, non ultimo con lo sciopero delle "prime" nei teatri italiani. Soddisfatti i sindacati di categoria Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil che annunciano, a fronte dell'intesa, la revoca delle proteste. Nell'ipotesi di accordo "vengono confermati - spiegano le sigle - i punti oggetto della trattativa di questi mesi: aumento dei minimi tabellari del 4% con decorrenza da gennaio 2024; riconoscimento dell'una tantum dell'8%; trasferimento di una quota economica di 150 euro da aggiungere ai minimi tabellari dagli integrativi aziendali al contratto nazionale per tutte le fondazioni; prosecuzione senza soluzione di continuità del negoziato per il rinnovo del contratto per il periodo 2022-2024 con la garanzia delle dinamiche retributive del pubblico impiego; l'erogazione di un'ulteriore una tantum di 250 euro e l'estensione della fruizione di entrambi gli importi (250 euro e 8%) anche ai tempi determinati che hanno fornito la loro prestazione lavorativa nel triennio, 2019-2021 con le modalità descritte nel documento sottoscritto". Per i periodi precedenti al triennio 2019/2021, informa la nota dei sindacati, "le parti rinviano la discussione, in attesa di condizioni di copertura economica che lo consentano. A questo si aggiunge l'impegno ad affrontare il tema dell'equo compenso per i lavoratori autonomi. Le parti inoltre presenteranno congiuntamente al tavolo ministeriale la richiesta di garanzia che i futuri rinnovi saranno agganciati alle dinamiche retributive del pubblico impiego". Le organizzazioni sindacali commentano il risultato raggiunto come "il migliore possibile, in termini economici, con questa prima fase di recupero rispetto al pregresso, ma molto importante per le dinamiche normative e retributive che mette in moto, ancorate, per metodo, al pubblico impiego. Crediamo ci siano quindi - aggiungono in conclusione - tutte le premesse per rinnovare nei giusti tempi un contratto obsoleto che deve diventare un punto di riferimento certo e non più marginale per i lavoratori del settore". "Risultato decisamente positivo - interviene il leader Cisl, Luigi Sbarra - che tutela le retribuzioni dei lavoratori, riconosce e valorizza il grande ruolo culturale, sociale e formativo di questo settore artistico di eccellenza del nostro Paese". Questi venti anni hanno eroso il potere d'acquisto dei lavoratori dello spettacolo di quasi il 40%, per non parlare di leggi mortificanti per colpire gli addetti del settore. I dipendenti degli Enti scontano "salari bassissimi, malgrado le elevate professionalità tecniche e artistiche", ma anche "lavoro precario, norme inefficaci e incoerenti". Come esempio emblematico del depauperamento delle Fondazioni ricordiamo a Bari lo storico Teatro Petruzzelli, "Cenerentola" che per il trattamento economico e normativo riservato ai suoi lavoratori, ha vantato fino ad oggi (se così si può dire), tra tutte le Fondazioni italiane il triste primato dei salari più bassi con tutto ciò che ne consegue: forza lavoro sotto organico e nessuna alternanza come avviene negli altri Teatri; mancanza di accordi aziendali volti alla settimane corte e qualità di vita dignitosi; integrativo consistente in una premialità decurtabile se non in parità di bilancio; impossibilità per molti di progredire nella carriera aziendale; mancato riconoscimento delle professionalità nonostante l'attaccamento all'azienda. Finalmente con il nuovo contratto si da il via alla nuova stagione di opere e balletti, confortati dai dati che registrano il ritorno a teatro del grande pubblico, come nelle stagioni pre-pandemia. Non si possono dimenticare infatti gli enormi danni subiti da questa categoria, come pure dal cinema, durante la disgraziata stagione Covid. Ora lavoratori e sindacati hanno di fronte una sfida difficile ma fatta anche di speranza, ad ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, di quanto il patrimonio musicale e artistico dei teatri italiani possa essere un centro di crescita civile e sociale.
Cecilia Augella